di Lucia Izzo - Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Emergenza Sanitaria sono pronti ad intervenire in caso di pericolo, rispondendo alle chiamate di chi ha bisogno. Per questo motivo l'uso delle linee telefoniche d'emergenza va effettuato con buonsenso, evitando di intasare con chiamate non giustificate da un reale bisogno.
Un simile atteggiamento, infatti, rischia di ostacolare le forze dell'ordine e i servizi di pubblica necessità. Non solo, il disturbatore rischia anche una condanna penale ex art. 340 c.p. (Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità: la norma punisce con la reclusione fino a un anno "chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità".
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14010/2014, ha condannato per il reato ex art. 340 c.p. un uomo per aver cagionato diverse interruzioni o comunque turbato la regolarità dei servizi di pubblico soccorso legati alle linee telefoniche 112, 113 e 117 all'uopo effettuando, in più giornate, 71 diverse chiamate durante le quali recitava frasi con voce travisata, eseguiva rutti, pernacchie o faceva sentire all'interlocutore musica ad alto volume così da tenere le dette linee occupate.
In tal modo, l'imputato turbava il servizio di pubblico soccorso tenendo le linee intasate e interrompendo il pubblico servizio: secondo l'orientamento consolidato della Corte il reato è integrato non solo se si interrompe l'effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento; pertanto, purché idonee a caratterizzare una discontinuità nel servizio, anche le turbative di breve durata possono realizzare l'evento (per approfondimenti: "Art. 340 codice penale:purché idonee a caratterizzare una discontinuità nel servizio, anche le turbative di breve durata possono realizzare l'evento").
Diverso il caso preso in considerazione dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 28738/2008, riguardante un uomo, affetto da disturbi psichici, che aveva effettuato numerosissime chiamate ai Carabinieri (104 richiesti di intervento in 112 giorni) per futili motivi di natura familiare, così turbando il regolare funzionamento del servizio pubblico.
La Corte ha tuttavia accolto il ricorso dell'imputato che aveva sostenuto la legittimità delle richieste di intervento, giustificate da comprovati dissidi familiari. Infatti, la punibilità del soggetto richiede la sussistenza del dolo generico, elemento psicologico consistente nella coscienza e volontà di realizzare il turbamento o l'interruzione del servizio.
Nel caso di specie, infatti, in capo all'imputato non poteva esservi alcuna volontà di intralciare l'attività delle forze dell'ordine, ma solo prospettare la necessità del loro intervento, anche a causa delle sue condizioni psichiche.
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