Avv. Francesco Pandolfi - Un caso dove la soluzione trovata dal Giudice risulta a favore del ricorrente, il quale si è visto notificare il provvedimento di divieto di detenzione di alcune armi di sua proprietà con intimazione del termine di giorni 150 per alienarle, pena la confisca e la rottamazione.
La genesi del provvedimento sta nei conflittuali rapporti con la moglie, per i quali pendono in capo all'interessato alcuni procedimenti penali riconducibili alla violazione dell'obbligo di assistenza familiare e al reato di minaccia.
L'interessato ricorre contro il Ministero dell'Interno e la Prefettura e chiede l'annullamento del severo provvedimento amministrativo.
Cosa dice il tribunale
Anche in questa occasione il Tar si mostra benevolo con il ricorrente.
E' bene premettere la logica del sistema di regole in materia: si tratta di prevenire la commissione di reati e sinistri, non tanto dovuti ad attitudini dolose o aggressive quanto ad incapacità o mancanza di autocontrollo in situazioni di tensioni emotive (oltre ad assicurare la sicurezza pubblica).
Fatta questa doverosa premessa è però evidente alla luce dei fatti che, mancando un chiaro nesso causale, una diretta relazione tra l'uso delle armi e la specifica situazione di cui si parla, l'amministrazione non può farne discendere (quasi fosse un automatismo) la sopraggiunta inaffidabilità del soggetto interessato.
In poche parole: nella causa in commento, l'Amministrazione non riesce a dimostrare che quei rapporti conflittuali in famiglia sono la causa diretta dell'inaffidabilità.
In conclusione
Tenere sempre presente che ogni provvedimento amministrativo di questo tipo, per essere fondato e attendibile, richiede una congrua motivazione.
Cosa fare in questi casi
Ricorrere al Tar facendo valere l'eccesso di potere dell'amministrazione a fronte della carenza di istruttoria, illogicità e carenza nella motivazione.
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