Avv. Laura Bazzan - Con sentenza n. 80 del 11.06.2015, recentemente pubblicata nel proprio sito (e qui sotto allegata), il CNF è tornato ad esprimersi in tema di correttezza e terzietà ribadendo che "l'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto di interessi configgenti con la controparte che sappia assistita da avvocato che eserciti la professione nei suoi stessi locali. È, infatti, deontologicamente rilevante la condotta dell'avvocato che ponga in essere una situazione di conflitto anche solo potenziale nei confronti della parte da lui assistita o che comunque possa ingenerare nei terzi il semplice sospetto di un comportamento non improntato ai canoni di una assoluta correttezza".
La vicenda ha visto protagonista un avvocato che, dapprima, aveva assunto il mandato da una società amministrata dalla cliente del marito, collega di studio, e, successivamente, aveva promosso diversi giudizi nei confronti della stessa per conto dell'ex coniuge. Ritenendo insussistenti le argomentazioni dell'incolpata circa la differenza tra difesa formale di una società e difesa sostanziale dei soci, il CNF ne ha confermato la responsabilità disciplinare per violazione degli artt. 37 e 51 cdf (ora artt. 24 e 68 ncfd) poiché "avere assunto diversi incarichi difensivi (peraltro con thema decidendum di natura strettamente personale contro un ex cliente del quale si siano curati gli interessi, con la possibilità di fare uso di informazioni acquisite nello svolgimento del precedente mandato, concretizza una condotta lesiva del dovere di fedeltà e correttezza, e comunque contraria a buona norma di comportamento. Denunciando questa situazione una non limpida distinzione di ruoli e degli interessi difesi dell'incolpata, si viola il principio di correttezza professionale".
Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 80/2015• Foto: 123rf.com