Per il Tribunale di Padova la ex moglie che rilascia la casa di proprietà del marito occupata senza averne diritto dovrà pagare un canone di locazione

di Lucia Izzo - Deve lasciare immediatamente la casa di proprietà esclusiva dell'ex, il coniuge che ha continuato in mala fede ad occuparlo abusivamente, nonostante la sentenza di separazione non avesse disposto a suo favore l'assegnazione, ma soltanto un assegno di mantenimento.


Lo ha stabilito il Tribunale di Padova, sentenza n. 1906/2016, nei confronti dell'ex moglie che, insieme alla figlia, aveva continuato ad abitare illegittimamente nella dimora dell'ex marito, nonostante la sua autosufficienza economica e il riconoscimento del solo mantenimento.

L'uomo ricorre all'autorità giudiziaria dopo esser stato costretto a vivere dalla madre a causa dell'occupazione abusiva della propria abitazione da parte delle due donne, le quali si erano altresì impossessate del negozio limitrofo ricadente sullo stesso terreno. Pertanto, secondo il Collegio, le due sono tenute a rimborsare ben 31.900 euro all'uomo, in qualità di canone di locazione per il periodo dell'occupazione, valutato dai giudici sia sul prezzo relativo alla locazione della casa che per quello del negozio.

Di contro, l'ex moglie sostiene che le spetterebbe il rimborso di somme spese per migliorare l'immobile: per il Tribunale, tuttavia, le uniche somme che possono essere richieste sono quelle di straordinaria, e non ordinaria, manutenzione. Nulla può essere preteso, inoltre, per le spese supportate in tempo di matrimonio senza una valida documentazione.

Il Collegio evidenzia che il coniuge che, in costanza di matrimonio, abbia provveduto a proprie spese ad eseguire migliorie o ampliamento dell'immobile di proprietà esclusiva dell'altro coniuge e in godimento del nucleo familiare, in quanto compossessore, ha diritto ai rimborsi e all'indennità contemplate dall'art. 1150 c.c. in favore del possessore nella misura prevista dalla legge a seconda che fosse in buona o mala fede, mentre è esclusa l'invocabilità dell'art. 936 c.c. in tema di opere fatte da un terzo con materiali propri, difettando nel compossessore il requisito della terzietà.

In effetti, il citato art. 1150 c.c., ben precisa che il possessore, anche se in mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie nonché ad un'indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistenti al tempo della restituzione.

Pertanto, il controcredito riconosciuto alla donna per il rifacimento del tetto, che va inquadrato nella manutenzione straordinarie, è pari a 25.300 euro: oltre alla casa, in conclusione, il ricorrente otterrà 6.600 euro, mentre i lavori non documentati dall'ex non potranno ottenere la concessione di alcun rimborso.


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