di Redazione - Chi offende l'ex coniuge commette reato. Il risentimento verso la precedente compagna o compagno di vita può assumere infatti i lineamenti dello stalking se si tramuta in comportamenti offensivi ed ingiuriosi che vengono posti in essere con aggressività ripetuta e sistematica.
Recentemente lo ha affermato il tribunale di Aosta, nella sentenza n. 166/2016, con la quale un uomo è stato condannato per il delitto ex art. 612-bis c.p. per aver posto in essere atti persecutori nei confronti dell'ex moglie.
In particolare, l'uomo non perdeva mai occasione di offendere la donna ogni qualvolta la incontrava e in qualunque luogo si trovasse: per strada, di fronte agli assistenti sociali e persino nelle aule di giustizia e davanti alla scuola del figlio.
Per la sezione penale del tribunale di Aosta, ciò è bastato a ritenere integrato il reato di atti persecutori.
Si tratta, in realtà, di un orientamento ormai consolidato: ad esempio anche la Corte di cassazione, con la sentenza numero 21407/2016, ha ritenuto che lo stalking può aversi a prescindere dal fatto che le singole condotte possano o meno essere perseguite autonomamente come reato. L'importante è che esse siano di insistenza e ripetitività tale da creare nella vittima uno stato di timore o di paura e vengano percepite come atti persecutori.
E' chiaro, quindi, che anche l'offesa, se accompagnata dai comportamenti classici dello stalking come i pedinamenti, gli appostamenti e così via, diviene (o meglio resta) penalmente rilevante.
L'ingiuria in sé e per sé, infatti, è stata recentemente depenalizzata. Se però fa parte di un più ampio disegno persecutorio per il nostro ordinamento penale non è comunque possibile ignorarla.
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