Avv. Francesco Pandolfi - I giudici sgretolano la tesi del Ministero della Difesa sull'incompatibilità tra una carica sociale rivestita da un proprio appartenente in seno ad un partito politico e l'adempimento dei suoi doveri di militare.
A settembre 2016 l'importante sentenza.
Vediamo di cosa si tratta.
Il principio di fondo su cui poggia la tesi del Ministero è che le Forze Armate debbono in ogni circostanza mantenersi estranee alle competizioni politiche: a maggior ragione se l'incarico ricoperto dal militare in seno al partito prevede l'esercizio di funzioni attive.
Nel caso specifico, il militare comunica al proprio Comando l'iscrizione al partito politico e l'assunzione di una carica; gli viene però inflitta una sanzione disciplinare in quanto ha violato i doveri attinenti al grado e alle funzioni del proprio stato, oltre ad aver violato il principio di estraneità della FFAA alle competizioni politiche.
Due sono le strade intraprese dal militare: quella del ricorso introduttivo dove critica l'ammonimento a recedere dalla carica politica rivestita, l'altra dei motivi aggiunti dove impugna la sanzione disciplinare inflitta.
Le tesi contrapposte
La tesi del ricorrente si basa sull'art. 49 Cost. posto a presidio della libera associazione dei cittadini in partiti politici per concorrere, democraticamente, a determinare la politica nazionale.
Inoltre, dice, le restrizioni dell'ordinamento militare non possono interpretarsi estensivamente e, in ogni caso, permettono ugualmente ai militari di iscriversi a partiti politici al di fuori delle particolari fattispecie contemplate nelle specifiche norme.
La tesi del resistente fa leva sulla portata generale del divieto: in poche parole è vietato qualsiasi coinvolgimento politico del militare.
Il pensiero del Tar
Il ricorso è fondato.
La conclusione della magistratura è che è illegittimo il divieto per i militari di iscriversi a partiti politici e di assumere cariche direttive al loro interno.
Per arrivare a confermare l'illegittimità di questo divieto, il Tar ricostruisce la volontà del Legislatore in questa materia.
Ecco i passaggi essenziali.
La libertà di associarsi in partiti è costituzionalmente protetta, le limitazioni costituzionali del diritto di iscriversi a partiti politici per i militari non hanno mai avuto un seguito normativo, nel senso che la Legge non ha mai stabilito per i militari un limite duraturo e non ha mai prescritto un esplicito divieto di iscrizione.
Neppure ricorre, nel caso preso ad esame, la prescrizione di cui all'art. 1350 d. lgs. 66/2010, visto che i comportamenti contestati al ricorrente non sono riconducibili allo schema astratto di questa norma.
Infatti il ricorrente si è iscritto al partito assumendo una carica direttiva, ma non è provato che egli abbia mai preso parte a manifestazioni politiche durante l'attività di servizio, ne in luoghi a questo destinati, ne indossando l'uniforme o qualificandosi come militare, oppure ancora rivolgendosi ad altri militari in divisa o qualificatisi come tali.
In pratica
Laddove i precetti costituzionali posti a presidio delle libertà fondamentali della persona sono violati, reagire con il ricorso.
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