di Valeria Zeppilli - Il consiglio dell'ordine degli avvocati, quando è chiamato a rendere un parere di congruità sulle parcelle professionali, fa una valutazione discrezionale che non richiede una specifica motivazione, purché sia contenuta tra i minimi e i massimi.
Così si è espresso il Tar dell'Umbria con la sentenza numero 395 del 10 maggio 2016 (qui sotto allegata), chiarendo che il parere di congruità sulle parcelle professionali reso dai COA è un atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo che non si limita a certificare la rispondenza del credito alla tariffa professionale, ma comporta anche una valutazione di congruità della prestazione fatta nell'esercizio di un potere ampiamente discrezionale. Di conseguenza la liquidazione così effettuata, alla condizione sopra vista, non deve necessariamente essere motivata.
Come chiarito anche dal Consiglio di Stato con le sentenze numero 9352/2010 e 8749/2009, è l'avvocato che contesta quanto stabilito dal Consiglio dell'Ordine che, semmai, deve dedurre e provare che il giudizio espresso si sia tradotto in una determinazione che prescinde dall'effettiva realtà delle prestazioni professionali rese.
Nel caso di specie, il ricorrente contestava il vizio motivazionale della liquidazione della sua parcella da parte del COA: in forza di quanto visto, però, per il TAR tale vizio deve reputarsi insussistente.
Oltretutto, l'Ordine degli Avvocati aveva anche precisato che le valutazioni di merito dovevano considerarsi incorporate nelle annotazioni e nei depennamenti posti a margine della sua nota, nella quale lo scaglione di riferimento era differente rispetto a quello dichiarato.
Il provvedimento, pertanto, non va annullato.
Tar dell'Umbria testo sentenza numero 39/2016• Foto: 123rf.com