di Valeria Zeppilli - Un ristoratore romano sconterà due anni di reclusione e dovrà pagare 5mila euro di danni. L'accusa? Quella di aver abbracciato in maniera "un po' troppo appassionata" una dipendente, con lo scopo di "strofinarsi" sul suo lato b.
Per la Corte di cassazione, infatti, anche tale comportamento integra un'ipotesi di violenza sessuale ed è, pertanto, penalmente sanzionabile.
Ai fini della condanna, peraltro, sono sufficienti anche solo le parole della vittima. Se poi queste sono suffragate dalla testimonianza di soggetti vicini ad essa con i quali la donna si è sfogata, della colpevolezza non c'è alcun dubbio.
La vicenda, in particolare, è stata trattata dalla terza sezione penale nella sentenza numero 42439/2016 depositata il 7 ottobre scorso e qui sotto allegata.
Con tale pronuncia i giudici hanno ricordato che, dato che spesso in tema di reati sessuali l'unica fonte di convincimento del giudice è rappresentata dalla testimonianza della vittima, la valutazione circa l'attendibilità del teste assume rilevanza fondamentale.
Una volta verificata la credibilità del dichiarante e l'attendibilità del suo racconto, non quindi sono necessari altri riscontri estrinseci e l'affermazione di responsabilità penale dell'imputato può discendere dalle sole dichiarazioni fatte dalla persona offesa.
Tuttavia è fondamentale che il giudice indichi le emergenze processuali che siano risultate determinanti per la formazione del suo convincimento.
Nel caso di specie a nulla sono valsi i tentativi dell'uomo di far ribaltare la condanna subita nei gradi di merito: le argomentazioni riportate nel ricorso non sono valide. Nessuna rilevanza assume neanche il fatto che la vittima, anche dopo aver subito due violazioni, sia restata nella struttura commerciale: tale presenza è logicamente compatibile con la sorpresa e la novità della vicenda.
Insomma: il reato c'è e va punito.
Corte di cassazione testo sentenza numero 42439/2016