Il provvedimento non ha natura disciplinare ma è comunque adottato secondo le forme del procedimento disciplinare

Avv. Laura Bazzan - Il mancato pagamento dei contributi in favore del Consiglio dell'Ordine presso cui l'avvocato è iscritto, pur non rientrando tra i requisiti essenziali per la permanenza nell'albo (leggi: "Avvocati: le nuove regole per rimanere iscritti all'albo"), è comportamento deontologicamente rilevante ai sensi dell'art. 16 ncdf (già art. 15 cdf), che impone di corrispondere regolarmente e tempestivamente i contributi dovuti alle Istituzioni forensi. 

La sanzione prevista, secondo quanto precisato dal Consiglio Nazionale Forense (con sentenza n. 227 del 29.12.2015, pubblicata in questi giorni sul sito istituzionale e qui sotto allegata), ha natura amministrativa ancorché adottata secondo le forme del procedimento disciplinare e consiste nella sospensione a tempo indeterminato dall'esercizio della professione

A mente dell'art. 29, comma 6, L. n. 247/2012, invero, coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale sono sospesi, previa contestazione dell'addebito e loro personale convocazione, dal Coa, con provvedimento non avente natura disciplinare e la sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento. 

Si tratta, più precisamente, di una prestazione contributiva connessa alla pura iscrizione all'Albo, rispetto al quale il dato dell'effettivo svolgimento della professione rimane indifferente. 

A nulla sono valse, nel caso di specie, le censure al provvedimento di sospensione mosse dall'attinto, che lamentava l'omessa indicazione della possibilità di impugnarlo, l'omessa audizione in sede di convocazione dinanzi al Coa, la mancata considerazione dello stato di bisogno e la stessa proposizione della misura applicata. Nè la sollevata questione di legittimità costituzionale (con riferimento all'art. 29 c. 6 L. 247/2012), per l'imposizione di una sanzione sostanzialmente disciplinare in assenza di proporzionalità rispetto alla gravità del comportamento, e con riferimento alle norme attributive di competenza giurisdizionale al CNF (art. 36 L. 247/2012), per la violazione del principio di terzietà del giudice di cui all'art. 111 Cost. 

Nel rigettare il ricorso, il CNF ha ribadito, infatti, come l'esclusione della natura disciplinare del provvedimento di sospensione, da un lato, non osti al richiamo in via analogica dell'art. 17 L. 576/80 (sospensione dall'esercizio della professione per inadempimento dell'obbligo di invio alla Cassa di Previdenza del modello 5) e dell'art. 2 c. 3 L. 536/49 (sospensione dall'albo per mancato pagamento dei contributi annuali); dall'altro, non valga ad integrare il difetto di costituzionalità relativo alla proporzionalità della pena. 

Richiamando il costante orientamento della giurisprudenza, tanto costituzionale quanto di legittimità, inoltre, il Consiglio ha confermato la propria compatibilità con i principi costituzionali di terzietà ed imparzialità del giudice, atteso che la sua peculiare posizione di giudice speciale non ammette condizionamenti da parte di altri organi in posizione sovraordinata. 

Nel merito, infine, dopo aver precisato che l'omessa indicazione delle modalità e della tempistica per la presentazione dell'impugnazione non comporta la nullità della stessa, e dopo aver ritenuto soddisfatto l'obbligo di audizione per mezzo della sola convocazione dell'incolpato, il CNF si è così espresso: "l'applicazione della misura restrittiva della sospensione a tempo indeterminato per il caso del mancato adempimento dell'obbligo di contribuzione dell'iscritto all'albo in favore del proprio C.O.A., discende dalla mera situazione di morosità nella quale l'avvocato si trovi a versare, indipendentemente dall'accertamento della volontarietà o meno della condotta omissiva". Il contributo dovuto dagli iscritti si configura "come una prestazione connessa alla pura iscrizione all'albo, rispetto al quale il dato dell'effettivo svolgimento della professione rimane indifferente. Trattasi di una sanzione amministrativa per così dire 'automatica' anche se deve sottolinearsi che nella fattispecie la morosità dell'avvocato si è protratta per tre anni: un tempo rilevante che, a tacer d'altro, connota di gravità l'inadempimento". 

Cnf, sentenza n. 227/2015

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