di Marina Crisafi - E' arrivato nella serata di ieri il via libera definitivo alla nuova legge contro il caporalato, fortemente voluta dal ministro delle politiche agricole Maurizio Martina e attesa da tempo. Montecitorio ha dato l'ok (con 190 voti a favore, 32 astenuti e nessun contrario) al testo, nella veste approvata dal Senato lo scorso agosto, che mira a garantire una maggiore efficacia all'azione di contrasto del caporalato, introducendo significative modifiche all'attuale disciplina e inasprendo le pene (con carcere fino a 6 anni e confisca dei beni) per chi sfrutta i lavoratori dell'agricoltura.
Il fenomeno del caporalato, ossia "l'intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo, prevalentemente in agricoltura" coinvolge, oggi, secondo le stime, circa 400mila lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese.
Con questa legge, "attesa da almeno cinque anni - ha commentato a caldo il ministro Martina a margine dell'approvazione, ora ci sono gli "strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana, perché sulla dignità delle persone non si tratta".
Ecco le novità in pillole:
Il nuovo reato di caporalato
La nuova legge, che si compone di 12 articoli, riscrive innanzitutto il reato di caporalato introducendo la sanzionabilità anche del datore di lavoro, l'applicazione di un'attenuante nel caso di collaborazione con le autorità; l'arresto obbligatorio in flagranza di reato; il rafforzamento dell'istituto della confisca e l'adozione di misure cautelari e il potenziamento della "Rete del lavoro agricolo di qualità", in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura.
Le sanzioni
In particolare, il provvedimento riformula il delitto di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, già inserito all'art. 603-bis c.p., prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni per l'intermediario e per il datore di lavoro e la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato, approfittando del loro stato di bisogno.
Viene sancito, inoltre, che se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, la pena della reclusione, rispetto alla fattispecie-base, aumenta da cinque a otto anni e la multa da mille a 2mila euro per ogni lavoratore reclutato; è previsto l'arresto in flagranza.
Le nuove regole individuano quale indice di sfruttamento anche la corresponsione reiterata di "retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi territoriali" e la violazione delle norme sugli orari di lavoro di lavoro e sui periodi di riposo".
Previste attenuanti per si adopera ad evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove dei reati o l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
La confisca dei beni
La nuova legge, inoltre, sancisce che, come avviene con le organizzazioni criminali mafiose, al reato si accompagni sempre la confisca obbligatoria dei beni, del denaro o delle altre utilità di cui il condannato risulti titolare (o abbia la disponibilità a qualsiasi titolo) e non possa giustificarne la provenienza.
La tutela delle vittime
Il provvedimento inoltre estende le finalità del Fondo Anti-tratta anche alle vittime del reato di caporalato, prevedendo l'assegnazione dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto ex art. 603-bis c.p.
La modifica comporta la destinazione delle risorse del Fondo anche all'indennizzo delle vittime del reato di caporalato.
L'ultima parte del provvedimenti introduce, infine, diverse misure di sostegno e di tutela del lavoro agricolo.
La nuova legge sul caporalato
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