Avv. Francesco Pandolfi - Nel caso in cui il porto di pistola per difesa personale venga tranquillamente rinnovato nel corso degli anni, sembra poco comprensibile che, ad un certo punto, la prefettura decida di non accordare l'ulteriore rinnovo, specie quando le condizioni di partenza per averlo avuto non sono cambiate.
Si tratta di una circostanza dove la posizione dell'interessato merita un'adeguata tutela, che va a contrapporsi alla discrezionalità dell'amministrazione.
Vediamo in che cosa consiste questa "tutela".
Stiamo parlando dell'onere motivazionale rinforzato.
Detto così, in "giuridichese", il termine è astruso e poco comprensibile: che cosa significa?
Semplicemente che l'amministrazione deve spiegare molto bene perché decide di fare marcia indietro rispetto ai precedenti rinnovi, soprattutto quando le condizioni non sono cambiate.
I Giudici sono concordi nel confermare il bisogno di questo onere motivazionale "rinforzato" da parte della Prefettura, che deve emergere chiaramente dal provvedimento con cui nega il rinnovo della licenza del porto di pistola ad uso difesa personale.
Passiamo al pratico
Il Prefetto, in sede di rinnovo, riesamina le condizioni che all'inizio lo hanno indotto al rilascio della licenza (le norme collegano la permanenza del titolo al non venir meno delle condizioni che inizialmente avevano consentito il rilascio).
Come funziona in concreto questo potere di riesame?
Utilizzando questo potere, l'amministrazione può pervenire ad una determinazione diversa sulla domanda di rinnovo del titolo, ma solo se cambiano i presupposti che avevano permesso l'originario rilascio.
Cioè, in breve: deve spiegare qual'è il cambiamento sopraggiunto rispetto al momento in cui era stata indotta a rilasciare il titolo.
Se non fa questo, il provvedimento emesso viene annullato dal tribunale dietro ricorso dell'interessato.
E' un po quello che è successo in occasione della causa qui commentata (sentenza del Tar Bari n. 79/2016).
Il ricorrente ha ottenuto il titolo del porto d'armi per difesa personale quale appartenente all'Arma dei Carabinieri e per lo svolgimento di servizi espletati solo in borghese, in quanto assegnato al reparto N.O.R.
Condizioni rimaste immutate nel tempo, tanto che la Prefettura ha sempre e di continuo concesso il rinnovo della licenza.
Non solo: da una nota del Comando Provinciale è pure emerso che l'interessato poteva trovarsi (vista l'attività svolta) in circostanze di obiettiva pericolosità, tali da comprovare il dimostrato bisogno previsto dall'art. 42 T.U.L.P.S.
In conclusione
tutto questo per dire che non basta per la Prefettura limitarsi, in sede di rinnovo, al fatto che l'interessato non spieghi l'esposizione a rischio di beni-interessi, almeno equivalenti a beni-interessi pubblici collegati alle norme in materia di autorizzazioni di polizia.
Il risultato che deve venir fuori è solo uno: il provvedimento deve essere sorretto da ragioni chiare, specifiche, puntuali, che spieghino il cambiamento sui cui si basa il diverso orientamento.
In caso contrario, i Giudici daranno ragione all'interessato.
E in casi simili?
Il buon senso della persona interessata aiuta, oltre che il controllo del buon uso della discrezionalità amministrativa. Il ricorso merita di essere proposto (e va proposto) tutte le volte in cui la Prefettura incorre nell'errore descritto.
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