di Lucia Izzo - Non integra il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, il comportamento del padre non convivente che interpreti con elasticità gli orari di visita dei figli minori, in regime di affidamento congiunto, stabiliti in sede di separazione consensuale. Tale atteggiamento viola solo le regole della "buona prassi", e non appare penalmente sanzionabile.
Lo ha stabilito il Tribunale di Ascoli Piceno, sezione penale, nella sentenza n. 641/2016 (qui sotto allegata). L'imputato, padre dei due bambini, conviventi con la madre, per i quali era stato disposto l'affidamento condiviso, era stato accusato di aver eluso il provvedimento emesso dal Tribunale relativamente alla separazione, non rispettando reiteratamente i tempi e modi di frequentazione previsti e omettendo di riconsegnare i piccoli alla madre nei tempi e modalità previsti.
Gli accordi di separazione consensuale omologati, evidenzia il giudice, prevedevano, tra l'altro, la facoltà per il padre di tenere i figli a settimane alterne sulla scorta di un calendario ovvero, al di là del calendario già concordato fra le parti, previo accordo tra i coniugi e tenuto conto delle esigenze scolastiche dei minori. Inoltre, si precisava che, ove il padre avesse voluto tenere con sé i figli anche dopo le ore 21.00 era suo dovere accompagnare i minori a scuola l'indomani mattina.
Sarebbero due gli episodi violativi denunciati ed emersi in sede dibattimentale a seguito dell'esame della persona offesa. Una prima volta, il padre avrebbe dovuto riaccompagnare i bambini a casa alle 21:00 ma questi, invece, venivano trattenuti presso la sua abitazione oltre l'orario per vedere una partita di calcio. La donna, chiedeva l'intervento di una pattuglia dei Carabinieri che, entrati nell'abitazione constatavano che i bambini erano tranquilli a guardare la TV. Per questo acconsentiva, infine, a lasciare che i bambini trascorressero la notte con il padre.
Quanto al secondo episodio denunciato, il padre, come riferito dalla madre, pur dovendo tenere con sé i bambini dalle 18.30 alle 21.00, si era presentato in anticipo, alle 17.00 per l'esattezza, all'uscita di scuola e, nonostante l'opposizione verbale della madre, aveva comunque portato via il figlio minore.
L'imputato nel corso del suo esame non ha negato quanto dichiarato dalla persona offesa, tuttavia, lo stesso ha riferito che, riguardo al primo dei fatti accaduti, quella sera aveva avvisato la ex moglie che avrebbero fatto tardi in quanto alla tv c'era una partita di calcio e i bambini l'avrebbero guardata con il padre. Quanto al secondo episodio, lo stesso riferiva di aver avvisato la madre dei suoi figli che sarebbe andato lui stesso a prendere i bambini all'uscita dalla scuola, anziché attendere.
Fatte queste necessarie premesse, il giudice ritiene che l'imputato debba essere mandato assolto dall'accusa di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 comma 2 c.p.), così come prospettato. Infatti, evidenzia il Tribunale richiamandosi a diffusa giurisprudenza, ai fini dell'integrazione del reato di cui si discute, non è reputata sufficiente la mera inottemperanza o un semplice rifiuto di eseguire il provvedimento giudiziale, ma occorre un comportamento, commissivo o omissivo, diretto a frustrare o a impedire il risultato concreto cui tende il comando giudiziale.
Senz'altro, il comportamento del padre, per come emerso a dibattimento, denota una certa elasticità nei rapporti con la ex coniuge riguardo all'esercizio dei diritti di visita che pure gli competono, in quanto genitore affidatario dei minori. Tuttavia, tali comportamenti non sono da considerarsi "elusione" del provvedimento del giudice, punibile ex art. 388 c.p., ma mera violazione di "regole di buona prassi", non penalmente sanzionabile.
Tuttavia, soggiunge il Tribunale, le condotta può avere conseguenze civilistiche, ben potendo il genitore affidatario richiedere modifiche del provvedimento, qualora provi che l'iniziativa dell'altro genitore affidatario sia pregiudizievole per il minore.