di Lucia Izzo - Se il comodato è stipulato per esigenze del nucleo familiare, in caso di separazione consensuale dei coniugi non si determina automaticamente il rilascio del bene da parte del coniuge, collocatario dei figli, a cui questo sia stato assegnato. Ciò in quanto si desume che il concordato abbia un termine implicito correlato alle esigenze abitative della famiglia fin quando queste permangano.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 21467/2016 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso degli usufruttuari di un'abitazione data in comodato al figlio e alla nuova.
A seguito della separazione consensuale della coppia, la casa veniva assegnata alla donna, collocataria di due figli; da qui, a causa di presunti "dissapori", cui scaturiva l'esigenza di riottenere la disponibilità dell'appartamento" e pertanto veniva comunicato alla nuora la volontà di revocare il comodato.
Per la Corte d'Appello, tuttavia, si era trattato di un comodato non precario, come invece sostenuto dagli attori, bensì a termine implicito ex art. 1809 c.c., destinato a durare quanto sarebbero durate le necessità abitative della famiglia. Non credibile e comunque non provato, sostiene la Corte, anche il lamentato bisogno urgente e imprevisto.
Motivazione confermata anche dagli Ermellini che richiamano quanto stabilito dalle Sezioni Unite, sent. 13603/2004, secondo cui "ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione, si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare".
Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all'uso il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà "ad nutum" del comodante, a cui resta salva la facoltà di chiedere la restituzione nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno urgente e non prevedibile.
Ne deriva che il rapporto, sorto per uso determinato, abbia una durata determinabile per relationem, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente dunque dall'insorgere di una crisi coniugale ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari che avevano legittimato l'assegnazione dell'immobile.
Cass., III sez. civ., sent. n. 21467/2016