di Lucia Izzo - Il genitore divorziato è obbligato a mantenere il figlio maggiorenne non autosufficiente, convivente con la ex moglie, a meno che costui non abbia volontariamente rifiutato possibili occasioni lavorative.
Lo ha stabilito il Tribunale di Taranto, prima sezione civile, nella sentenza n. 2257/2016 (qui sotto allegata) riconoscendo ad un figlio ventitreenne, con precedenti di tossicodipendenza, il diritto a un assegno mensile e la possibilità di continuare a vivere nella casa familiare.
Quanto al profilo relativo al contributo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, ma non indipendenti economicamente, il Tribunale rammenta che l'obbligo di mantenimento che incombe sui genitori non cessa con il raggiungimento della maggiore età del figlio, ma permane sino al conseguimento da parte dello stesso della piena autonomia economica.
Inoltre, il genitore che agisce nei confronti dell'altro genitore per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore dei figli maggiorenni deve allegare il fatto costitutivo della mancanza di indipendenza economica, che è condizione legittimante l'azione ed oggetto di un accertamento giudiziale che può essere validamente compiuto anche mediante presunzioni.
Invece, nell'ipotesi di accertamento della insussistenza del diritto del figlio maggiorenne a percepire il detto assegno contributivo, per esempio nel caso di lamentata inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro da parte del figlio, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, l'onere probatorio della raggiunta autonomia economica del figlio è posto a carico del genitore interessato alla estinzione della sua obbligazione dei confronti della prole, essendo egli dunque tenuto a provare (anche mediante presunzioni) che il figlio sia divenuto autosufficiente economicamente, ovvero che il mancato svolgimento di un'attività produttiva di reddito sia imputabile ad un suo comportamento negligente.
L'interpretazione dei detti canoni giurisprudenziali va condotta secondo criteri che variano in ragione del caso concreto, dunque in relazione alle aspirazioni del figlio maggiorenne, al percorso culturale e formativo del medesimo, alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il, soggetto ha indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione.
La relative valutazione deve essere affrontata con prudente apprezzamento caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all'età dei beneficiari, anche al fine di limitare il più possibile le ipotesi di pretese di figli maggiorenni protratte oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura .
Facendo applicazione di tali principi, il Tribunale ritiene sussistenti, nel caso di specie, i presupposti per dichiarare l'estinzione del diritto al mantenimento della figlia, quasi trentenne e munita di sola licenza media, che era stata avviata dal padre a lavorare in un ristorante, ma aveva abbandonato stante i turni troppo gravosi.
Diversa la situazione del figlio ventitreenne, incapace di rendersi, attualmente, economicamente indipendente, a causa delle gravi patologie di cui è affetto, segnatamente a causa di una pregressa e perdurante condizione di tossicodipendenza, ed è dunque fondato il suo diritto a percepire il mantenimento, apparendo evidente la impossibilità del giovane di poter efficacemente reperire e preservare un rapporto di lavoro, e necessitando, dunque, tuttora dell'apporto morale ed economico da parte di entrambe le figure parentali, anche in ragione delle cure e delle terapie occorrenti per superare le problematiche da cui è affetto.
Tribunale di Taranto, sent. 2257/2016