di Valeria Zeppilli - Uno dei momenti cruciali dell'iter di separazione e divorzio è quello della determinazione (o modifica) dell'eventuale assegno di mantenimento da corrispondere all'ex, strettamente connessa all'individuazione della parte che, a seguito dello scioglimento del vincolo matrimoniale, risulti più svantaggiata e tesa a farle mantenere il medesimo tenore di vita che godeva in costanza di matrimonio.
Guadagni in nero
Il primo passo che si compie quando si va a determinare l'ammontare dell'assegno di mantenimento è quello di guardare la situazione economica di ciascun coniuge, quale emerge dalle rispettive dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi anni.
Anche se non dovrebbe accadere, non sono rari i casi in cui alcuni dei redditi dei quali effettivamente un soggetto gode non siano dichiarati al fisco. Quello di trattenere soldi in nero è però un comportamento che, oltre a rappresentare un'illecita forma di evasione, deve essere preso in considerazione al fine di determinare un assegno di mantenimento coerente ai principi che lo ispirano.
Interesse ad occultare le reali disponibilità economiche
L'interesse ad occultare le reali disponibilità economiche, agendo in una maniera considerata illecita dal nostro ordinamento, può essere di entrambi i coniugi: sia di quello chiamato a corrispondere l'assegno sia di quello che ne intende beneficiare.
Il primo, infatti, meno ha meno paga; il secondo, invece, meno ha più riceve.
Come provare la presenza di redditi in nero
Quando si ha il sospetto o si sappia che l'altro coniuge non dichiara al fisco tutte le sue entrate è quindi opportuno allegare, tra i documenti prodotti unitamente alla domanda di separazione o divorzio, tutti gli elementi utili a dimostrare il reale tenore di vita goduto dalla famiglia in costanza di matrimonio.
Molti Tribunali a tal proposito non si limitano a richiedere le ultime dichiarazioni dei redditi ma esigono anche altri documenti, come visure al Pra, estratti dei conti correnti bancari e quanto serva a dimostrare l'eventuale proprietà di immobili, natanti, auto di lusso e così via.
Il primo consiglio, quindi, è quello di portare tutta la documentazione (anche se non richiesta) utile a sostenere che l'altro coniuge, in realtà, abbia delle disponibilità economiche maggiori di quelle dichiarate al fisco.
Investigatori privati
Spesso, però, neanche questi documenti sono idonei a dare la prova che l'ex abbia in realtà delle entrate extra, in nero.
A tal fine, uno dei mezzi migliori di prova trova il suo punto di partenza nelle indagini svolte autonomamente o avvalendosi di investigatori privati: in tal modo si riesce spesso a trovare documenti utili a provare l'effettivo stile di vita del coniuge.
Tuttavia, se si sceglie di avvalersi dell'opera di un investigatore privato bisognerà ricordarsi che la sua relazione, da sola, ha semplice valore indiziario e non basta a provare il nero e che a tal fine essa deve essere quindi suffragata da altri mezzi di prova (come, ad esempio, anche la deposizione testimoniale dell'investigatore).
Prove testimoniali
Un altro modo per "smascherare" l'ex è quello di avvalersi delle dichiarazioni testimoniali di soggetti che abbiano avuto rapporti professionali con lo stesso e che siano a conoscenza di fatti utili a provare che egli, effettivamente, conseguiva guadagni maggiori di quelli noti al fisco.
Intervento della polizia tributaria
Fermo restando che l'onere della prova circa l'effettiva disponibilità di redditi dell'altro coniuge spetta in capo a colui che ha interesse a che essa sia dimostrata (vedi ad esempio Cass. n. 14051/2015), in alcuni casi anche il giudice gioca la sua parte nell'effettivo accertamento.
Se le informazioni che gli sono offerte risultano carenti o contrastanti, è infatti possibile che il magistrato chieda l'intervento della polizia tributaria affinché compia le indagini necessarie a "scovare" l'evasione.
Sebbene infatti tali indagini sono state pensate dalla legge 898/1970 con lo scopo principale di tutelare la prole, esse possono essere volte anche al riconoscimento e alla quantificazione dell'assegno divorzile (cfr. Cass. n. 14081/2009).
Giurisprudenza
Anche la giurisprudenza è ormai pressoché allineata nel riconoscere che i redditi in nero devono essere valutati nella determinazione dell'assegno di mantenimento, in quanto contribuiscono a determinare l'effettivo tenore di vita della famiglia.
Si veda, tra le molte, Cass. n. 21047/2004, secondo la quale:
"Il reddito da lavoro nero può negare l'assegno di mantenimento. In sede di separazione, il giudice, nel ricostruire le situazioni patrimoniali dei rispettivi coniugi, al fine di verificarne l'adeguatezza alla conservazione del precedente tenore di vita, può tenere conto del reddito da attività lavorativa non dichiarata".
Sotto altro punto di vista è interessante anche Cass. n. 4312/2012. Con essa, infatti, si è affermato che:
"La comparazione dei redditi e delle potenzialità di reddito delle parti, al fine della determinazione dell'assegno di mantenimento, non può utilizzare l'argomento per cui il coniuge potrebbe comunque procurarsi da guadagnare ricorrendo al mercato del lavoro domestico in nero il che presuppone che questi sarebbe tenuto a violare la normativa fiscale e previdenziale o ad assumersi la responsabilità di tale più che legittimo rifiuto e vedere ridotta la misura dell'assegno di mantenimento".
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