di Valeria Zeppilli - Con la sentenza numero 21472/2016 del 25 ottobre (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha chiarito quale differenza c'è, anche in termini di esperibilità, tra domanda riconvenzionale ed eccezione riconvenzionale.
La prima, in particolare, può essere esperita solo in primo grado e non in appello ed è costituita dalle conseguenze giuridiche che si intende trarre da un nuovo fatto. La seconda, invece, fa parte di un'attività strettamente difensiva e lascia immutati i poteri decisori del giudice, con la conseguenza che non sussistono limiti al possibile ampliamento della controversia per il suo tramite.
La distinzione, insomma, dipende dall'oggetto, ovverosia dal risultato processuale che si intende ottenere, mentre non è influenzata dal titolo posto a base della difesa, ovverosia dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento.
Per la Cassazione, pertanto, l'ampliamento del tema di una controversia tramite eccezioni è possibile senza limiti. L'importante è che tali eccezioni siano sollevate in forza di fatti o rapporti giuridici con i quali non si chieda l'accoglimento di ulteriori domande ma ci si limiti a chiedere il rigetto di quelle prospettate dall'attore.
Nel caso di specie, una società, convenuta in giudizio per il rilascio di un complesso aziendale e il pagamento di canoni insoluti, indennità di occupazione e penale, aveva fondato la sua difesa invocando dei titoli negoziali diversi da quelli che l'attrice aveva posto a sostegno della sua domanda e chiedendone in via riconvenzionale l'accertamento.
Il giudice del merito, tuttavia, aveva considerato tale domanda inammissibile per motivi processuali.
Orbene: per la Corte c'è comunque omissione di pronuncia, dato che la predetta difesa avrebbe dovuto comunque essere presa in considerazione come eccezione, al fine di poter eventualmente sostenere il rigetto delle domande di parte attrice (senza condanna dell'attore a quanto dovuto in base alla diversa prospettazione). È quindi imprescindibile tornare sull'argomento.
NB: Con la domanda riconvenzionale chi è convenuto in giudizio non si limita solo a chiedere il rigetto della domanda ma chiede a sua volta un pronuncia in suo favore (ad esempio se viene chiesto il rilascio di un immobile, il convenuto può chiedere non solo il rigetto della domanda attorea ma anche, in via riconvenzionale, l'accertamento della maturata usucapione
in suo favore). Il convenuto, però, potrebbe non avere interesse a proporre domanda riconvenzionale e limitarsi a sollevare una mera "eccezione riconvenzionale" di intervenuta usucapione che come tale non è soggetta agli stessi limiti che caratterizzano la domanda riconvenzionale. In tal caso l'usucapione non viene dichiarata ma accertata incidentalmente al solo fine di respingere la domanda attorea.Nel primo caso (domanda riconvenzionale) ci sarà non solo una pronuncia di rigetto della domanda attorea ma anche una ulteriore pronuncia che potrà essere trascritta facendo si che la maturata usucapione diventi "ufficiale". Nel secondo caso il giudice si limiterà al solo rigetto della domanda attorea senza dichiarare che il convenuto è divenuto proprietario ma limitandosi ad accertare incidentalmente la maturata usucapione al solo fine del rigetto della domanda principale.
Corte di cassazione testo sentenza numero 21472/2016