di Lucia Izzo - Se la coppia non sposata, ma convivente, decide di porre fine alla relazione, è ammissibile l'affido condiviso dell'animale domestico. Si applica, in via analogica, per colmare il vuoto normativo in materia, la disciplina vigente per i figli minori, posto che ormai è la stessa legge (L. 76/2016), e non solo la giurisprudenza, a prevedere l'assimilazione dei rapporti more uxorio a quelli nascenti dal matrimonio.
Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, quinta sezione civile, nella sentenza n. 5322/2016 (giudice onorario Antonio Fraioli, testo in lavorazione) a seguito dell'iniziativa di una donna che ha trascinato l'ex partner innanzi all'autorità giudiziaria. Al centro della controversia c'è Spilla, il cane raccolto dalla strada nel periodo di convivenza con l'ex e iscritto a suo nome all'anagrafe canina.
Nonostante l'amico a quattro zampe dopo la fine della storia fosse rimasto con lei, che aveva consentito all'ex compagno di tenerlo con sé a periodi alterni, ad un certo punto l'animale viene letteralmente "rapito" e non più restituito, con la scusa di volerlo portare per il weekend nella casa di campagna.
Se la ricorrente chiede 15mila euro di risarcimento poichè non vede il cane da tre anni, l'uomo ne chiede altrettanti per le spese sostenute nelle more, affermando di aver sempre provveduto lui ad accudire la bestiola e che l'intestazione del microchip alla compagna era giustificata dal fatto che lui non risiedesse nella Capitale.
Se da un lato entrambe le domande non trovano accoglimento, il giudice decide per l'affidamento condiviso di Spilla: uno degli ex terrà l'animale con sè per sei mesi, mentre l'altro lo avrà per il resto dell'anno, con possibilità anche di vedere e tenere il cane per un paio di giorni continuativi, notte inclusa, nel periodo in cui il cane è presso l'altro.
Una decisione che si fonda sull'applicazione analogica della disciplina prevista per i figli minori, nonostante la coppia non sia sposata come invece avvenuto in altri casi in materia di separazione. Per il giudice, tuttavia, la "colpa" è del legislatore italiano che solo nel 2012 ha eliminato tutte le differenze tra figli naturali e legittimi, senza considerare che la decisione del Tribunale capitolino giunge in epoca anteriore rispetto all'entrata in vigore della legge sulle unioni civili.
Pertanto, proprio come avviene per i minori, ciò che viene alla luce è l'interesse materiale, spirituale e affettivo dell'animale che indubbiamente non è intaccato dal regime giuridico che intercorreva o meno tra le parti. Come confermato dai testimoni, l'amico a quattro zampe negli anni si è affezionato a entrambi i suoi compagni "umani" e, anche se la donna non vede Spilla da tempo, questo legame non è intaccato posta la memoria affettiva dei cani ancorata a ben sei anni di cure che rendono indiscutibile l'affetto reciproco.
Dall'affido condiviso emerge che anche le spese per il mantenimento del cane dovranno dividersi a metà, sia quelle riguardanti il cibo che le altre esigenze. L'uomo dovrà, tuttavia, pagare all'ex compagna oltre 5mila euro di spese legali, in quanto con il suo comportamento di "sequestro" dell'animale ha privato la donna di un forte affetto costringendola a rivolgersi al giudice.
Vedi anche: L'affidamento condiviso dei figli