Avv. Daniele Paolanti - Preliminarmente, ai fini della presente disamina, è necessario fare riferimento all'art. 486 del codice civile. Detta norma dispone che il chiamato può stare in giudizio come convenuto per rappresentare l'eredità e che, laddove non dovesse comparire (comma II) l'autorità giudiziaria provvede alla nomina di un curatore per la rappresentanza processuale. Partendo da detto presupposto è ora agevole comprendere come non soltanto colui il quale abbia acquisito lo status di erede ha la facoltà di poter agire e resistere in giudizio per la tutela dei beni ereditari, ma finanche il semplice chiamato può resistere ad un'azione intentata nei confronti dell'asse ereditario.
La posizione della giurisprudenza
La Corte di Cassazione in passato è stata interessata della questione di cui qui si discute ed ha espresso la sua posizione che appare, agli occhi di chi scrive, pertinente con il dettato normativo ed ammirevolmente logica.
In species i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che il soggetto chiamato all'eredità può stare in giudizio, laddove si trovi nel possesso dei beni ereditari, e dunque agire per la tutela dei medesimi. Tuttavia nei suoi confronti non è esperibile alcuna azione avente ad oggetto obbligazioni contratte dal de cuius dal momento che non ha ancora acquisito lo status di erede. Non essendo questi soggetto passivo delle obbligazioni del de cuius, come dovrebbe comportarsi laddove dovesse essere convenuto in giudizio per far fronte alle obbligazioni stesse e dunque rispondere in conseguenza dei predetti vincoli? Secondo la Corte è preciso onere del convenuto comparire in giudizio per manifestare la sua posizione, ovvero quella di semplice chiamato e, de plano, eccepire l'insussistenza della qualità di erede.
La ragione per cui sussiste il predetto onere trova scaturigine nel convincimento (frutto di un orientamento ormai consolidato) teso a riconoscere che "una volta che attraverso il giudicato sia stato accertato un diritto di una parte nei confronti di un'altra, tutte le questioni che avrebbero potuto essere fatte valere nel giudizio e che, se lo fossero state, avrebbero potuto condurre a negare quel diritto, non possono esserlo più e non possono, perciò, costituire oggetto di opposizione all'esecuzione, anche ai fini dell'allegazione della sopravvenuta rinuncia all'eredità" (Cassazione Civile, sez.III, 03.09.2007, n. 18534). Se quindi il chiamato non compare, e non comparendo non eccepisce il difetto di legittimazione passiva, maturerà nei confronti della sua posizione il giudicato e di conseguenza nessuna questione potrà essere opposta nemmeno in sede di opposizione all'esecuzione laddove dovesse sopravvenire una rinuncia all'eredità. Detta circostanza è stata rilevata dalla giurisprudenza di merito in un'occasione in cui si trovò ad esaminare la posizione di un chiamato all'eredità, nei cui confronti era stato emesso decreto ingiuntivo per il pagamento di quota di un debito ereditario, ma che non aveva proposto opposizione e solo dopo la scadenza del termine dell'opposizione stessa, aveva rinunziato all'eredità proponendo opposizione a precetto (Cassazione Civile, sez.III, 03.09.2007, n. 18534).E' dunque da escludere categoricamente la possibilità di promuovere un'opposizione all'esecuzione laddove il chiamato non abbia resistito in giudizio e posto all'attenzione del giudicante il suo status di mero delato e non erede. Da ultimo si riporta un recente orientamento giurisprudenziale con il quale è stato rilevato che "Qualora l'atto di riassunzione del giudizio interrotto per morte della parte sia stato notificato nei confronti del solo chiamato all'eredità, che, lamentando il proprio difetto di "legitimatio ad causam", abbia successivamente rinunziato all'eredità, la sentenza di primo grado è nulla attesa l'efficacia retroattiva della rinunzia all'eredità con la conseguenza che il giudice d'appello deve rimettere il giudizio al primo grado, ai sensi dell'art. 354 cod. proc. civ., per consentire la regolarizzazione del contraddittorio, eventualmente previa nomina di un curatore dell'eredità giacente" (Cassazione civile sez. II 26 novembre 2014 n. 25151).
La sentenza de qua espone un principio di particolare interesse dal momento che prende in considerazione la posizione del chiamato il quale riceve una notifica di riassunzione a seguito di interruzione del processo per morte della parte. In tal caso, laddove sopravvenga la rinunzia all'eredità, sarà da considerarsi nulla la sentenza di primo grado stante l'efficacia retroattiva della rinunzia.
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Vincitore del concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca svolge attività di assistenza alla didattica.