Per il Tribunale di Milano, superata una certa età anche se non indipendenti i figli raggiungono un'autonomia che non giustifica il protrarsi del mantenimento

di Marina Crisafi - Figli maggiorenni mantenuti a vita? No. Al massimo potranno chiedere gli alimenti. A sancirlo è la nona sezione civile del tribunale di Milano, con una recente ordinanza del giudice Giuseppe Buffone (scaricabile integralmente qui sul sito Il caso.it), pronunciandosi sulla domanda di separazione di due anziani coniugi e negando in radice il mantenimento per il figlio ormai 41enne.

Con il superamento di una certa età, si legge infatti nel provvedimento, "il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non può più essere trattato come 'figlio', bensì come adulto".

Giova infatti ricordare che, in forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono, il figlio maggiorenne non può pretendere la protrazione dell'obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché "l'obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione" (cfr. Cass. n. 18076/2014; Cass. SS.UU. n. 20448/2014).

Tale obbligo, scrive il giudice milanese, "in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee" non può protrarsi dunque "oltre la soglia dei 34 anni", età a partire dalla quale "lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non - può - più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all'adulto".

Ne consegue, ha concluso il tribunale, autorizzando i coniugi a vivere separatamente con facoltà di interrompere la convivenza e la coabitazione, che la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell'obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o meno ch'essi siano con i genitori o con uno di essi, va effettuata "in guisa da escludere che la tutela della prole, sul piano giuridico, possa essere protratta oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe, com'è stato evidenziato in dottrina, in "forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani".


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