Buona lettura.
TRIBUNALE DI MACERATA, Sezione GIP / GUP, 14 settembre 2016, Giudice Domenico Potetti, imp. G. G.
Le norme antinfortunistiche mirano a tutelare il lavoratore anche da incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, e quindi la responsabilità del datore di lavoro (e in generale del soggetto obbligato ad adottare la misura di prevenzione) può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo da un comportamento del lavoratore eccezionale, abnorme, esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, del tutto imprevedibile o inopinabile; ciò che può verificarsi solo in presenza di un comportamento imprudente del lavoratore che o sia posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli (e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro) o rientri nelle mansioni che gli sono proprie, ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
Anche a voler seguire la giurisprudenza più "interventista" in tema di poteri officiosi di cui all'art. 441, comma 5, c.p.p., il giudice dell'abbreviato si deve comunque limitare a iniziative istruttorie dotate di sicura concludenza, assolutamente indispensabili, evitando indagini di mero completamento, magari utili, ma non decisive; diversamente opinando, il suo ruolo si sovrapporrebbe a quello del Pubblico Ministero, e "crollerebbe" la struttura accusatoria del vigente rito penale, sottesa all'art. 111 Cost. ("giudice terzo e imparziale").
"1) I fatti in sintesi.
…, il giorno dell'infortunio stava effettuando delle riprese con lo stucco sotto il cornicione e nei muri esterni dell'abitazione sita in …
L'attività si era svolta prevalentemente la mattina e nel pomeriggio, a causa della pioggia, si era svolta ad intermittenza.
Sempre nel pomeriggio, durante le operazioni di stuccatura sul muro esterno, … mentre si trovava sul ponteggio installato dalla stessa ditta … (titolare della ditta), cadeva nel vuoto da media altezza, precipitando rovinosamente a terra.
Intervenuti sul luogo, i sanitari del 118 e dell'eliambulanza, dopo vari tentativi di rianimare …, ne constatavano il decesso alle ore 17 circa.
… è stato successivamente sottoposto ad accertamenti necroscopici e tossicologici per stabilire causa, epoca e mezzi della morte.
- Ex art. 122 del d. lg. n. 81/2008 (nello specifico il piano di calpestio del ponteggio, costituito da impalcati metallici e tavole in legno presentava dei vuoti, e le tavole in legno non erano assicurate contro gli spostamenti e in alcune parti del ponteggio l'intavolato presentava una distanza maggiore di venti cm. dalla facciata esterna dell'edificio oggetto della manutenzione.
Inoltre in alcuni punti del ponteggio il parapetto non era costruito con corrente superiore, corrente inferiore e tavola fermapiede.
- Ex art. 128 d. lg. cit. (in alcune zone del ponteggio non era stato installato un sottoponte costruito come il ponte).
- Ex art. 134 d. lg. cit. (nello specifico il Pi.M.U.S. non presente in cantiere e acquisito agli atti in seguito alla richiesta di documenti non era conforme ai contenuti minimi previsti nell'allegato XXII per quanto concerne la presenza: dell'identificazione della squadra di lavoratori, compreso il preposto, addetti alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio in quanto è riportato solamente un lavoratore; di un disegno esecutivo completo e conforme in quanto quello presentato non contiene gli schemi strutturali di tutti i prospetti; in particolare sono riportati esclusivamente gli schemi dei prospetti fronte e retro i quali inoltre non corrispondono a quanto realizzato in cantiere. Infine non sono stati indicati né gli appoggi e né gli ancoraggi.
- Ex art. 136 d. lg. cit. (nello specifico il montaggio e la trasformazione del ponteggio non sono state effettuate ad opera di più lavoratori addestrati e formati in quanto il solo …, collaboratore familiare dell'unica ditta installatrice del ponteggio, aveva frequentato il corso di formazione per addetto al montaggio, smontaggio e trasformazione ponteggio. °°°
2) Le investigazioni sulla dinamica.
Risulta che alle ore 17.00 del 24.03.2014 gli operatori ASUR ricevevano la segnalazione telefonica del Comando Stazione dei Carabinieri di … di un infortunio sul lavoro occorso in …, a seguito del quale erano intervenuti l'ambulanza e l'elisoccorso.
Giunti sul posto gli stessi accertavano che era stato constatato il decesso del ….
Nell'immediatezza del fatto sono stati svolti i primi accertamenti planimetrici e fotografici, dai quali si poteva appurare che il …, in qualità di dipendente dell'impresa edile …, si trovava a lavorare presso detto cantiere, e quindi veniva rinvenuto a terra (v. SIT di …, primo ad avvistare il corpo), con la testa verso l'esterno (accanto alla tavola di legno posta sotto la basetta regolabile per la stabilizzazione del montante) ed i piedi verso le mura dell'abitazione (spigolo sinistro prospetto casa lato strada), sotto il ponteggio installato esternamente alla civile abitazione oggetto dell'intervento manutentivo.
Dai rilievi del caso è stato possibile verificare che il ponteggio, installato dalla stessa ditta …, constava di due piani e nell'esatta verticale del punto a terra dove è stato ritrovato il corpo del … l'impalcato presentava due aperture nel vuoto (v. foto 4 della Relazione infortunistica datata 19 settembre 2014).
Nello specifico, al primo piano veniva accertata un'apertura di 1.20 m di lunghezza e 0.70 m di larghezza (foto 5 ibidem) e al secondo piano veniva accertata un'altra apertura nel vuoto della stessa lunghezza ma larga 0.40 m (foto 6 ibidem).
Accanto alle due aperture, sia quella del primo che del secondo piano, erano presenti le due tavole di metallo mancanti nella loro sede naturale.
Oltre a queste, vi erano anche degli intavolati di legno accatastati sul piano del ponteggio (v. foto 5, 6 ibidem).
Sul muro, in corrispondenza dell'apertura del secondo piano e nell'area sottostante l'apertura posta al primo piano, si notano dei segni (strisciate) di colore nero i quali però (secondo la Relazione) non si possono attribuire con certezza al passaggio del malcapitato (v. foto 7, 8 ibidem).
I due piani di impalcato misurano un'altezza complessiva di circa 4.30 m da terra (2.30 m il primo piano e 2 m il secondo) (v. foto 2 ibidem).
Sul secondo piano del ponteggio sono state rinvenute attrezzature da lavoro (idropulitrice, secchio e spatola da muratore) poste nelle vicinanze (a 2.4 m) dell'apertura.
Sempre nello stesso piano e vicino alle attrezzature predette si notavano delle stuccate dell'intonaco della parete recentemente eseguite (v. foto 9 ibidem).
3) Il parere degli operatori ASUR.
Ad avviso dei tecnici ASUR nel dettaglio non è stato possibile ricostruire con certezza sufficiente la dinamica dell'infortunio, in quanto non erano presenti al momento dell'accaduto spettatori diretti.
Tengono a dire detti tecnici che l'ipotesi da loro prospettata è frutto delle valutazioni fatte in sede di sopralluogo effettuato in data 24.03.2014, delle sommarie informazioni di …, e degli accertamenti necroscopico e tossicologico.
Da ciò essi deducono che …, il giorno dell'infortunio, stava effettuando delle riprese con lo stucco sotto il cornicione e nei muri esterni dell'abitazione sita in ….
Tale attività si era prevalentemente svolta la mattina e il …, con …, si muovevano a seconda delle necessità sia sul primo che sul secondo piano.
Nel pomeriggio questo lavoro si era svolto ad intermittenza, in quanto pioveva.
Sempre nel pomeriggio, durante le operazioni di stuccatura sul muro esterno, il …, mentre si trovava su uno dei due piani del ponteggio sul lato sinistro dell'abitazione, precipitava nel vuoto cadendo rovinosamente a terra.
Ebbene, in considerazione dei rilievi acquisiti in sede di sopralluogo (fotografici e planimetrici), dai quali si desume la presenza di due aperture nel vuoto, una al primo e l'altra al secondo piano, in corrispondenza della zona soprastante il corpo del malcapitato, secondo i tecnici si può ipotizzare che lo stesso sia precipitato nel vuoto cadendo rovinosamente a terra, finendo la sua corsa sul piano di calpestio esattamente nella posizione supina in cui è stato rinvenuto dal primo soccorritore.
E' probabile, secondo questa dinamica, che proprio il capo e il dorso (maggiormente a sinistra) siano stati i luoghi di primo impatto con il suolo; questi infatti riportano le maggiori lesioni riscontrate in sede di esame necroscopico.
Le altre lesioni derivano sia da impatto diretto che da improvvisa trazione sulle strutture interne conseguentemente alla caduta.
E' probabile che le lesioni al cranio, al volto, agli arti superiori, agli arti inferiori possano derivare da impatto diretto sul suolo o da rovinoso impigliamento sulle strutture murali o portanti dell'impalcatura.
Riferisce la Relazione infortunistica che dai dati acquisiti non si è in grado di fornire ulteriori precisazioni sulla tipologia e sulla dinamica della caduta, né sull'altezza da terra all'inizio della precipitazione.
Precisa la Relazione che solo sul secondo piano del ponteggio, a circa 2,4 m di distanza dall'apertura presente sullo stesso piano, sono state rinvenute le attrezzature da lavoro utilizzate per la stuccatura (idropulitrice, secchio e spatola da muratore) e le riprese, di recente fattura, sui muri esterni.
Occorre infine aggiungere (secondo la Relazione) che (come dai rilievi tossicologici) il livello alcolemíco riscontrato pari a 2,0 g/l è indicativo di un pieno stato di ubriachezza; stato che influisce sicuramente sul senso di orientamento, sul mantenimento dell'equilibrio, sul coordinamento motorio, nonché sulla reattività al pericolo.
Pertanto, si dice, questo stato potrebbe aver inciso nell'accadimento dell'infortunio; ma il suo contributo, quale fattore determinante o concausale, è di difficile definizione.
Dalle sommarie informazioni rese e dalle indagini svolte, l'infortunio mortale occorso al … è avvenuto per caduta dello stesso da media altezza nel vuoto mentre si trovava sul lato sinistro del ponteggio.
La presenza delle aperture, la loro posizione rispetto al corpo del malcapitato così come rinvenuto, rende verosimile l'ipotesi che la caduta sia avvenuta attraverso quelle aperture.
Lo stato di ubriachezza, dimostrata dagli esami tossicologici, fa supporre (secondo la Relazione) che sia intervenuto, oltre al fattore ambientale (presenza di aperture), anche un fattore soggettivo (perdita di equilibrio, mancanza di coordinamento motorio, rallentamento dei riflessi), il cui contributo è di difficile determinazione.
La Relazione ribadisce che il … è verosimilmente caduto attraverso le aperture presenti nel primo o secondo piano del ponteggio; che lo stesso ponteggio, anche sui restanti lati non direttamente collegabili con l'infortunio, presentava diverse carenze strutturali causate da una non corretta e/o completa installazione.
Ma a parere dei tecnici non è possibile definire con certezza la norma prevenzionistica violata che ha causato l'infortunio, in quanto mancano elementi sufficienti per definire se c'è stato o meno l'intervento volontario del … nella rimozione degli impalcati metallici in corrispondenza delle aperture.
4) Gli esiti degli accertamenti medico - legali.
In risposta ai quesiti formulati dal Pubblico Ministero i CT in sintesi rispondevano che il decesso di … è stato causato da un politrauma (trauma cranico, trauma toracico chiuso) compatibile con una dinamica di precipitazione; che le indagini chimico-tossicologiche hanno permesso di evidenziare la presenza di etanolo nel sangue in quantità pari a 2,0 (due virgola zero) g/l; concentrazione indicativa di un pieno stato di ubriachezza.
5) Soluzione della questione di responsabilità. Le regole di giudizio …
5.1 Com'è noto, le norme antinfortunistiche mirano a tutelare il lavoratore anche da incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, e quindi la responsabilità del datore di lavoro (e in generale del soggetto obbligato ad adottare la misura di prevenzione) può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo da un comportamento del lavoratore eccezionale, abnorme, esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, del tutto imprevedibile o inopinabile.
Ciò che può verificarsi solo in presenza di un comportamento imprudente del lavoratore che o sia posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli (e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro) o rientri nelle mansioni che gli sono proprie, ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (v. Cass., Sez. IV, n. 46557-04, in Guida dir., 2005, n. 4, p. 91; Sez. IV, n. 36993-03, in Guida dir., 2004, n. 3, p. 74; Sez. IV, 17 settembre 2004, in Diritto penale e processo, n. 12, 2004, p. 1484).
Trattasi di una giurisprudenza assolutamente condivisibile, perché essa applica alla materia dell'infortunistica del lavoro il comune modo di intendere il nesso causale (art. 41 c.p.).
A tale proposito, la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell'evento e quindi interruttiva del nesso eziologico è soltanto quella (nel nostro caso la condotta del lavoratore) del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo (v. Cass., Sez. IV, n. 10760 del 1997, in CED Cass., RV 210098).
Per vero, a temperamento di quanto precede, si è più precisamente ritenuto che ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l'evento (art. 41, comma 2, c.p.), il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento non si riferisce solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, giacché, allora, la disposizione sarebbe pressoché inutile, in quanto all'esclusione del rapporto causale si perverrebbe comunque sulla base del principio condizionalistico o dell'equivalenza delle cause (condicio sine qua non) di cui all'art. 41, comma 1, c.p. .
La norma, invece, si applica anche nel caso di un processo non completamente avulso dall'antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (v. Cass., Sez. IV, n. 1214-05-06, in Guida dir., n. 15, 2006, p. 69).
5.2 Altra cosa da dire nel caso che ci occupa è che il giudizio abbreviato è, di regola, un giudizio allo stato degli atti.
Dando per presupposta la completezza delle indagini, l'imputato adotta una precisa strategia difensiva, valutando la convenienza (per se stesso) di essere giudicato sulla base delle carte del Pubblico Ministero.
Vero è che residuano i poteri officiosi di cui al comma quinto dell'art. 441 c.p.p. .
Ma se non si vuole contaminare (eccessivamente) il ruolo tipico del giudice nel processo accusatorio (ruolo di arbitro, di regola estraneo al "conflitto" fra Accusa e Difesa) quei poteri vanno intesi come residuali.
In giurisprudenza, secondo il criterio più restrittivo, si è addirittura stabilito che nel giudizio abbreviato la facoltà del giudice di assumere anche d'ufficio gli elementi necessari ai fini della decisione non è esercitabile con riguardo alla ricostruzione storica del fatto e all'attribuzione di esso all'imputato, perché altrimenti il giudizio abbreviato ne risulterebbe snaturato (v. Cass., n. 33939-10; conf. Cass., n. 35247-05 e n. 32099-04, che pone inoltre il requisito dell'assoluta esigenza probatoria; quest'ultimo requisito è nominato anche da Cass., n. 12853-03).
Ma si è anche diversamente ritenuto che (v. Cass., n. 4648 del 2005, depositata nel 2006) il potere del giudice dell'abbreviato di disporre anche d'ufficio l'assunzione di elementi necessari ai fini della decisione riconosciuto dall'art. 441 c.p.p., comma 5, è stato introdotto dal legislatore in ossequio (v. C. Cost., n. 115-01) ai ripetuti richiami della Corte Costituzionale volti ad introdurre un idoneo "meccanismo di integrazione probatoria" (v. C. Cost. sent. n. 81-91, 92 e 318 del 1992, 56 e 129 del 1993, 442-94), sicché nel nuovo giudizio abbreviato il potere di integrazione probatoria è configurato quale meccanismo di tutela dei valori costituzionali che devono presiedere, anche nei giudizi a prova contratta, l'esercizio della funzione giurisdizionale, e a tale potere il giudice deve fare ricorso per assicurare il rispetto di quei valori ogni qual volta ritenga che le esigenze di controllo di legalità dell'esercizio dell'azione penale o il sostanziale rispetto del contraddittorio in condizione di parità tra le parti lo impongano (v. C. Cost., n. 245-05).
Dunque tale potere risponderebbe alla stesse esigenze ed assumerebbe i medesimi connotati di quello tradizionalmente esercitabile, in dibattimento, ex art. 507 c.p.p..
Nello stesso senso si è ritenuto che in tema di giudizio abbreviato, l'integrazione probatoria disposta dal giudice ai sensi del quinto comma dell'art. 441 c.p.p., può riguardare anche la ricostruzione storica del fatto e la sua attribuzione all'imputato, atteso che gli unici limiti a cui è soggetto l'esercizio del relativo potere sono costituiti dalla necessità ai fini della decisione degli elementi di prova di cui viene ordinata l'assunzione e dal divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle parti (v. Cass., n. 36335-12; n. 12842-13; n. 49568-14; n. 10096-15; n. 34702-15; n. 20237-14).
Ritiene quindi questo giudice che anche a voler seguire, per ipotesi di lavoro, la giurisprudenza più "interventista", il giudice dell'abbreviato si deve comunque limitare a iniziative istruttorie dotate di sicura concludenza, assolutamente indispensabili, evitando però indagini di mero completamento, magari utili, ma non decisive.
Diversamente opinando, il suo ruolo si sovrapporrebbe a quello del Pubblico Ministero, e "crollerebbe" la struttura accusatoria del vigente rito penale, sottesa all'art. 111 Cost. ("giudice terzo e imparziale").
6) … e le conclusioni.
6.1 E' agevole, ormai, la soluzione della questione di responsabilità.
E ciò non perché il processo consenta il raggiungimento di una certezza (almeno processuale) sulla dinamica dell'infortunio, ma perché il dubbio irrisolto non può che risolversi a favore dell'imputato, in quanto presunto innocente (art. 27 Cost.).
L'elemento decisivo della provvista probatoria sta (come si è visto sopra) nella mancanza di prova in ordine:
- all'autore della condotta causale, consistita nella creazione delle aperture attraverso le quali avvenne la precipitazione mortale;
- alla consapevolezza dell'imputato in ordine a quella situazione pericolosa.
Fu l'imputato (o altri) a porre in essere quella condotta?
O almeno l'imputato ebbe a prendere atto di quella condotta senza porvi rimedio?
O invece fu la stessa vittima dell'infortunio a realizzarla, o magari altri, all'insaputa dell'imputato?
Come si è visto, la Relazione infortunistica, non scioglie il dubbio.
Né questo giudice trova elementi, nella provvista accusatoria, per motivare diversamente sul punto "al di là di ogni ragionevole dubbio" (art. 533, comma 1, c.p.p.).
La conseguenza di una tale "resa" consiste nell'ammettere la possibilità che sia stata proprio la vittima a creare quelle aperture mortali (magari per realizzare una più fluida e veloce pratica lavorativa).
Quella eventuale condotta del lavoratore avrebbe avuto i connotati della condotta anomala, abnorme, non prevedibile, né ragionevolmente evitabile da parte del datore di lavoro.
Quindi ne risulterebbe quantomeno "spezzato" il nesso causale, nei sensi di cui sopra.
Ma sempre che sia astrattamente ravvisabile in capo all'imputato una sua condotta anch'essa astrattamente causale (dato che, logicamente, può essere interrotto un nesso causale esistente, non certo un nesso casale che non esiste).
E allora, più correttamente (assumendo che la creazione delle aperture mortali sia stata opera della vittima), si dovrebbe parlare non tanto di interruzione del nesso causale (art. 41, comma 2, c.p.), quanto di radicale mancanza del nesso causale (art. 40 c.p.p.).
Ma poiché l'esito assolutorio prescinde da tale opzione (interruzione o mancanza del nesso casale), non serve approfondirla.
6.2 Sarà chiaro, a questo punto, anche il ruolo secondario della asserita (dai CT del Pubblico Ministero) piena ubriachezza in cui la vittima si sarebbe trovata al momento dell'infortunio.
Infatti, anche ammettendo, per ipotesi di lavoro, che la vittima fosse stata perfettamente sobria al momento dell'infortunio, ciò non toglie che la stessa abbia potuto realizzate ugualmente le micidiali aperture.
Ecco perché (nei sensi in rito di cui sopra) non vi è luogo a iniziative peritali officiose circa l'esistenza dello stato di piena ubriachezza della vittima.
Con ciò non si vuole negare il ruolo (che anzi va affermato, prendendo atto della CT in atti) comunque rafforzativo dell' "elemento ubriachezza".
E' ovvio infatti (per comune massima di esperienza) che quello stato di ubriachezza avrebbe di molto limitato la lucidità dei comportamenti della vittima, facilitando comportamenti irrazionali e non meditati, come la realizzazione di quelle aperture.
Si vuole solo dire che il ruolo (importante, ma non decisivo) di quell'elemento non consente iniziative istruttorie officiose da parte del giudice, dirette a verificarlo ed eventualmente rimuoverlo.
Di esso si deve solo prendere atto".
Dott. Domenico Potetti