Per la Cassazione i continui comportamenti ossessivi dell'uomo integrano il reato ex art. 612-bis c.p. e danneggiano anche la minore

di Lucia Izzo - Va condannato per stalking colui che con comportamenti ossessivi e maniacali bacchetta l'ex convivente poichè poco attenta alle esigenze e allo stato di salute dei figli, finendo per ingenerare uno stato di ansia tale da riverberarsi anche sul minore, danneggiato dall'insorgenza di patologie.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 50057/2016 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso di un uomo, condannato per atti persecutori, ex art. 612-bis c.p. nei confronti della ex convivente.


Costui, con condotte reiterate, aveva minacciato e molestato la donna in modo da determinare nella stessa un perdurante e grave stato d'ansia e ingenerando il timore per la vittima quanto all'incolumità propria e dei familiari, in particolare della figlia minore che riportava, a causa delle condotte persecutorie, turbe della sfera emotiva-affettiva secondaria e grave patologie dell'accudimento.


Le condotte incriminate consistevano in particolare in pedinamenti, appostamenti presso l'abitazione, telefonate, telegrammi, raccomandate, denunce all'autorità giudiziaria, tutti atti per mezzo dei quali l'imputato contestava con modalità ossessive il ruolo genitoriale della ex, a differenza del proprio tanto scrupoloso da divenire maniacale, con riferimento ad ogni attività che riguardava la figlia minore, in particolare le cure sanitarie. Atteggiamenti che erano arrivati al punto da riverberarsi anche sulla bambina, il cui normale sviluppo psicofisico era stato ostacolato dall'insorgenza di patologie.


Il ricorso in Cassazione teso a contestare l'imputazione è però infondato. Risulta, infatti, in maniera equivoca che l'imputato abbia offeso con la sua condotta tanto la ex convivente che la figlia minore, provocando nella piccola, quale conseguenza della sua condotta persecutoria, turbe della sfera emotiva-affettiva.


Nel caso di specie sussiste, altresì, l'elemento psicologico del reato di stalking in quanto è stato evidenziato il macroscopico carattere persecutorio delle condotte accertate e delle reazioni immediatamente percepibili provenienti sia dalla madre che dalla minore. Si è sottolineato come la bambina si opponesse con pianti alle visite e ispezioni anali cui il padre la sottoponeva direttamente o attraverso visite mediche, il che era addirittura sfociato in una crisi della minore con ricovero della stessa.


A ciò si aggiungono i provvedimenti del Trbunale dei Minori e della Corte d'Appello che avevano stigmatizzato i comportamenti del ricorrente e le ripercussioni negative di questi, in quanto l'uomo era stato giudicato maniacale anche dai medici che si erano a vario titolo occupati della vicenda ed era stato anche avvisato della necessita di esercitare un controllo razionale sul suo istinto alla cura.

Al rigetto del ricorso segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Cass., V sez. pen., sent. n. 50057/2016

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