di Marina Crisafi - È truffa contrattuale aggravata quella dell'avvocato che, con artifizi e raggiri, inganna il cliente, nascondendogli una propria inadempienza o non informandolo dell'impossibilità di avere tutela legale, percependo anche i compensi per prestazioni non eseguite o non eseguibili.
A sancirlo è la Cassazione penale, con la recente sentenza n. 25680/2016, in una vicenda che vedeva imputato un legale che aveva fatto credere al proprio cliente di aver impugnato la cartella esattoriale notificata dalla società di riscossione, e che la stessa fosse stata cautelarmente sospesa. In realtà, però, l'impugnazione non era mai stata effettuata e il legale aveva indotto il cliente in errore, accettando per di più la somma di oltre 6mila euro quale pagamento per i compensi.
La condotta però non passava inosservata e l'avvocato veniva condannato sia in primo che in secondo grado per truffa, per essersi procurato un ingiusto profitto in danno della persona offesa, peraltro aggravata perché commessa con abuso di prestazione d'opera.
A nulla valgono le lamentele del professionista, perchè la Cassazione considera il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Integra, infatti, hanno ricordato dal Palazzaccio, "reato di truffa contrattuale, la condotta del professionista che, tramite artifizi e raggiri, nasconde una propria inadempienza al cliente ovvero non rappresenti allo stesso (ndr. come nella specie) che non è possibile avere una tutela legale per la decadenza del diritto ovvero altra ragione: cliente che, ignorando tale circostanza e confidando nell'effettività della tutela, conferisca o rinnovi il mandato al professionista, continuando a retribuirlo e consentendogli così di percepire un ingiusto profitto". Da qui l'inammissibilità del ricorso e la condanna del professionista al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.500 euro a favore della cassa delle ammende.
Per approfondimenti, vedi la guida legale sul reato di truffa
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