La Corte Costituzionale, con una sentenza interpretativa di rigetto (sent. n. 236 del 14 giugno 2002), ha chiarito quali siano i limiti e la portata dell'art. 148 c.c.
Il matrimonio impone ad entrambi i coniugi l'obbligo di mantenere istruire ed educare i figli e, nel caso di inadempimento di questo dovere, il Presidente del Tribunale può ordinare (a norma dell'art. 148 c.c.) che una quota dei redditi dell'obbligato sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese del mantenimento.
Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di tale norma, e in particolare del terzo comma (nella parte in cui non prevede che il decreto del presidente costituisca titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 cod. civ.) la Corte Costituzionale, con una sentenza interpretativa di rigetto (sent. n. 236 del 14 giugno 2002), ha chiarito quali siano i limiti e la portata del menzionato art. 148.
Secondo quanto emerge dalla sentenza della Consulta, il decreto del Presidente, emesso nei confronti del solo obbligato inadempiente (ossia di colui che per legge è tenuto al mantenimento) costituisce titolo esecutivo ex lege idoneo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale mentre il decreto emesso nei confronti del terzo (ad esempio il datore di lavoro dell'obbligato) non costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca sui beni del terzo posta l'estraneità di questi agli obblighi familiari.

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