di Valeria Zeppilli - Anche se il placet del marito è stato estorto con il ricatto, la separazione consensuale è comunque da ritenersi valida.
Con una recente ordinanza a firma del giudice Dott. Giuseppe Buffone, il Tribunale di Milano ha infatti respinto l'azione di annullamento proposta da un uomo avverso l'accordo raggiunto con la ex moglie e fondata sulla circostanza che la donna, prima dell'omologa, lo aveva minacciato di trasferirsi con il figlio a 900 chilometri di distanza se non avesse firmato l'accordo.
Per il Tribunale, infatti, una simile condotta non integra comunque il vizio del consenso che l'articolo 1435 del codice civile richiede per l'annullamento di un contratto.
In generale, in realtà, i patti che marito e moglie raggiungono in sede di separazione sono dei veri e propri contratti atipici, meritevoli di tutela ai sensi dell'articolo 1322 del codice civile e sottoposti alle azioni di annullamento in presenza dei vizi contemplati dal nostro ordinamento.
Nel caso di specie, tuttavia, la minaccia del trasferimento, pur se ancorata a circostanze oggettive, non è stata considerata idonea a rappresentare un pericolo tale da invalidare il negozio.
Ma non sempre è così.
Qualche tempo fa, ad esempio, una questione simile è stata decisa in maniera diversa. Nel caso affrontato dalla Cassazione e sfociato nella sentenza numero 17902/2004, infatti, le minacce avanzate dal marito nei confronti della moglie sono state reputate idonee a far dichiarare l'annullamento della separazione consensuale per vizio del consenso.
In quell'occasione, comunque, la Corte aveva affermato che "l'accordo di separazione ha natura negoziale e ad esso possono applicarsi, nei limiti della loro compatibilità, le norme del regime contrattuale che riguardano in generale la disciplina del negozio giuridico o che esprimono principi generali dell'ordinamento, come quelle in tema di vizi del consenso".
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