Nota di commento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2309 del 31 maggio 2016

Avv. Francesco Pandolfi - Per mettersi al sicuro e con le carte in regola, chi è titolare della licenza deve:

1) con il buon senso, fare tutto ciò che serve per consentire il proprio esclusivo utilizzo dell'arma,

2) lo deve fare in modo tale da rendere difficile / impossibile che altri ne facciano uso,

3) evitare che l'arma possa essere liberamente presa ed usata da altri.


Per gli addetti ai lavori sembrano ovvietà, ma non lo sono affatto in generale.


E' un tema delicato: la Legge prevede casi in cui l'Autorità amministrativa è titolare di poteri vincolati (che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia) e di poteri discrezionali.


Artt. 39 e 43 T.U.L.P.S.


E' bene ricordare che: per questo secondo tipo di poteri, l'art. 39 T.U.L.P.S. assegna alla Prefettura il potere di vietare la detenzione armi, munizioni e materie esplodenti a chi chieda il rilascio di un'autorizzazione o ne sia titolare, quando sia riscontrabile una capacità di abusarne.

Mentre l'art. 43 T.U.L.P.S. consente all'Autorità, in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi, di valutare la capacità di abuso e, in alternativa, l'assenza di una buona condotta.

La nozione di buona condotta si riferisce alla commissione di fatti, anche estranei alla gestione di armi, ma tali da non rendere l'interessato meritevole di ottenere o mantenere la licenza di polizia. In questo caso, ricorda il Consiglio di Stato, non occorre un giudizio di vera e propria pericolosità sociale del soggetto.


Due furti


Nel caso in commento (Consiglio di Stato, sent. n. 2309/2016) la Prefettura dispone due volte il divieto di detenere armi applicando l'art. 39, dunque esercitando un potere discrezionale in quanto ritiene l'appellante capace di abusare della detenzione, visto che non ha custodito le armi in modo da impedirne l'apprensione da parte di terzi.

Già il primo provvedimento ha mostrato questa "incapacità": infatti il Prefetto ha valutato le modalità di custodia inadeguate ed imprudenti (il primo furto riguarda una pistola collocata in una cassapanca in sala da pranzo, un'altra pistola in un cassetto di un mobile chiuso con lucchetto, una doppietta in un armadio di legno).

La stessa cosa vale anche per il secondo furto, che ha messo in evidenza modalità di custodia negligenti (le pistole sono state collocate in un comodino della camera da letto, chiuso con un occhiello facilmente asportato).


Cosa dicono i Giudici


Dicono che quella modalità di custodia giustifica i due divieti.

E' evidente quindi che, responsabilmente, all'atto pratico bisogna fare di più.


In pratica


Far si che sia possibile un esclusivo utilizzo personale dell'arma, con accorgimenti tali da rendere estremamente difficile / improbabile che altri ne facciano uso: lo scopo è evitare che l'arma possa essere liberamente utilizzata da altre persone.



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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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