Occorre da subito precisare che malgrado ad oggi l'emissione di un assegno bancario c.d. "postdatato" debba considerarsi ancora illegale, essa non configura più quale fatto penalmente rilevante, bensì come condotta sanzionabile soltanto sotto il profilo amministrativo per evasione del bollo.
In particolare l'assegno bancario postdatato, analogamente a quello regolarmente datato, deve considerarsi venuto a esistenza come mezzo di pagamento nel momento in cui viene materialmente emesso, ossia quando avviene la consegna del titolo da parte del debitore (traente) al creditore (prenditore).
Ne deriva pertanto che l'eventuale apposizione di una data "futura" sull'assegno bancario, non potrà mai tradursi in causa di nullità dell'assegno medesimo ed il pagamento con esso effettuato sarà quindi da considerarsi validamente avvenuto.
In buona sostanza, il creditore in possesso di un assegno posdatato potrà certamente recarsi da subito presso l'istituto di credito per richiederne l'immediato pagamento senza dover attendere la data indicata nel titolo.
Tuttavia, in ragione della natura "irregolare" di tale assegno, sarà necessario che il creditore attivi dapprima un'apposita procedura di regolarizzazione fiscale che gli consenta l'effettivo incasso della somme.
Ai sensi di legge, infatti, l'assegno bancario postdatato non possiede la qualità di titolo esecutivo fintanto che non venga debitamente regolarizzato con il versamento sia dell'imposta pari al 12 per mille dalla somma in esso riportata (come per le cambiali) sia delle sanzioni previste in materia di bollo.
Sotto altro profilo, si osserva come il cennato assegno postdatato venga nella prassi commerciale frequentemente utilizzato, non solo al fine di rinviare o dilazionare un eventuale pagamento, bensì con la particolare finalità di garantire il futuro adempimento di obblighi nascenti da contratto. Ad avvenuto adempimento il creditore procede poi alla restituzione del o dei titoli originariamente rilasciati dal debitore.
Basti semplicemente pensare al caso del fornitore (prenditore) che, a garanzia del valore della merce consegnata all'acquirente, si faccia rilasciare da quest'ultimo un assegno postdatato, da portare all'incasso nella sola eventualità in cui l'acquirente (traente) alla scadenza concordemente prefissata non corrisponda il prezzo pattuito.
Analogamente, in materia di locazione, è invalsa la pratica secondo la quale il proprietario dell'appartamento da locare richieda, alla sottoscrizione del contratto di affitto, il rilascio da parte del futuro inquilino-locatario di un assegno bancario per un importo corrispondente ad alcune mensilità anticipate, il tutto al fine di garantirsi il puntuale pagamento dei canoni concordati da contratto.
Ebbene, malgrado la descritta prassi commerciale continui ad essere oltremodo diffusa quand'anche particolarmente rischiosa, la giurisprudenza anche di legittimità ha in più occasioni avuto modo di ribadire il principio fondamentale per il quale l'emissione di un assegno finalizzata a garantire il creditore circa il corretto adempimento del proprio debitore, configura un patto nullo tra le parti per contrarietà a norme imperative.
In altri termini ad essere viziato da nullità non è l'assegno posdatato in quanto tale bensì soltanto il patto di garanzia (c.d. "patto di non presentazione") ad esso sottostante.
La ratio di tale orientamento giurisprudenziale è evidentemente da rinvenire nella circostanza per la quale le parti, ossia il debitore che emette l'assegno ed il creditore che lo riceve, non posso assolutamente modificare la natura e la funzione dell'assegno bancario mediante le rispettive volontà contrattuali. Ciò in quanto la funzione svolta dall'assegno medesimo è unicamente quella di semplice mezzo di pagamento e non può quindi essere discrezionalmente modificata in quella di strumento di garanzia di obbligazioni contrattuali.
Pertanto nelle ipotesi soprindicate, malgrado il "celato" intento delle parti, l'assegno dovrà essere obbligatoriamente pagato dalla banca nel momento in cui viene portato all'incasso dal relativo possessore ed il patto con il quale le parti riconoscevano all'assegno la sola natura di garanzia dovrà ritenersi per non scritto.
Ne consegue, con tutta evidenza, che colui che emette l'assegno a garanzia del proprio adempimento confidando sulla circostanza che il creditore non proceda all'incasso del titolo ma si limiti a trattenerlo soltanto a titolo di garanzia, sarà sprovvisto efficaci forme di tutela nel caso in cui il creditore decida di procedere all'incasso. Per tal verso, infatti, la giurisprudenza ha anche confermato la legittimità del protesto contro un assegno bancario portato all'incasso dal creditore in spregio al patto di garanzia concluso con il debitore.
Da un punto di vista processuale, bisogna infine evidenziare che l'assegno bancario emesso con funzione di garanzia può essere considerato come una promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 del codice civile.
Ebbene il citato disposto normativo comporta una presunzione dell'esistenza del rapporto sottostante dal quale è originata l'emissione dell'assegno a garanzia. Tale presunzione resisterà almeno fino a quando il debitore che ha rilasciato il titolo non fornisca la prova dell'inesistenza, invalidità ed estinzione di tale rapporto.
In altri termini si assiste all'inversione dell'onere della prova circa l'esistenza dell'originario rapporto tra le parti.
In buona sostanza, il creditore ricevendo un assegno a garanzia di una obbligazione, qualora intenda agire per l'adempimento della stessa, dovrà unicamente provare la "promessa di pagamento" fattagli dal debitore mediante il rilasciato del predetto titolo e null'altro, mentre incomberà sul debitore medesimo l'onere di provare l'inesistenza, l'invalidità o l'estinzione del rapporto originario dal quale l'assegno è scaturito.
In estrema sintesi, la peculiare natura dell'assegno bancario, quand'anche rechi una data differita nel tempo, non esclude l'eventualità che esso venga immediatamente presentato alla banca per il pagamento ed in tal caso sarà infatti fondamentale la sussistenza della relativa provvista.
Avv. Pino Cupito
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