di Gabriella Lax - Poste italiane dovrà pagare il rendimento sul titolo anche se la serie è stata modificata. Per giustificare il taglio degli interessi, a nulla vale "la mera apposizione di un timbro che ne modifichi la serie". A stabilirlo è la sentenza 6430/2016 emessa dalla quarta sezione civile del tribunale di Catania che ha decretato la vittoria dei consumatori sull'annosa vicenda dei buoni postali emessi in lire fra il 1974 ed il 1986. Gli stessi titoli che erano stati decurtati da un decreto del governo Goria nel 1983 senza che fossero avvertiti i consumatori. I tagli furono pubblicati sulla Gazzetta ufficiale, ma Poste continuò a vendere buoni con le indicazioni dei vecchi tassi d'interesse che oggi, però, l'azienda si rifiuta di pagare facendo scattare una serie numerosa di contenziosi.
Il gruppo, guidato da Francesco Caio, aveva "eccepito che l'emissione del titolo serie P - fosse - avvenuta per mero errore, atteso che detta serie Bpf (buono postale fruttifero, ndr) non era più vigente dal 1984" come si legge nella sentenza. Tuttavia, per il giudice "l'assunto non è condivisibile. La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e le indicazioni riportate sui buoni postali offerti in sottoscrizione alla richiedente deve essere risolta dando la prevalenza alle seconde" si legge nel documento. E ancora, nel richiamare la sentenza 13979 del 15 giugno 2007 della Suprema Corte non sarebbe possibile altra interpretazione dal momento che porrebbe "a carico dei sottoscrittori le conseguenze di un errore imputabile all'amministrazione" finendo per "compromettere (o indebolire grandemente) le esigenze di tutela del risparmio diffuso cui si ispirano le norme". Per il giudice, il titolo "ha ad oggetto il contenuto enunciato dai buoni, anche quando in precedenza, con decreto ministeriale, siano state modificate le relative condizioni". E inoltre "non è possibile ritenere che la mera apposizione di un timbro che ne modifichi la serie e che si sovrapponga alla tabella di calcolo degli interessi possa superare il contenuto proprio del titolo per come emesso". Il giudice ha così condannato le Poste al pagamento dell'intero importo (un milione di vecchie lire, più interessi) indicato dal buono datato 19 gennaio 1987, oltre al risarcimento di un migliaio di euro per le spese legali.
Immediata la reazione di Federconsumatori che esultano per la "buona notizia per tutti i cittadini". Si tratta di un'importante "vittoria riportata in merito alla spinosa questione dei buoni fruttiferi postali" evidenzia l'associazione in una nota. Il Tribunale di Catania "ha infatti accolto totalmente la richiesta di una nostra associata, condannando Poste Italiane s.p.a. a corrispondere l'importo risultante sul titolo e calcolato secondo le indicazioni riportate sul retro nonché a pagare le spese processuali in favore della ricorrente" prosegue la Federconsumatori, auspicando che questo provvedimento "induca Poste Italiane ad adottare condotte e comportamenti più rispettosi dei legittimi diritti dei consumatori che con fiducia si affidano all'azienda".
La sentenza del tribunale di Catania
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