di Fabio Conocchioli - L'attività di rilevazione prezzi su punti vendita è stata oggetto di tre risoluzioni del Ministero dello Sviluppo Economico: la n. 30776 del 5 marzo 2015, la n. 79957 del 29 maggio 2015 (richieste da società facenti parte della Grande Distribuzione Organizzata) e la n. 11667 del 19 gennaio 2016 (richiesta da una società operante nell'ambito della rilevazione dei prezzi nella Grande Distribuzione Organizzata).
Con la risoluzione n. 30776 del 5 marzo 2015, il MiSE ha risposto all'interrogativo postogli, cioè se l'attività in questione potesse essere considerata legittima oppure se esistesse una normativa di divieto di tale rilevazione, alla stregua dell'art. 2 della L. n. 287/1990 (intese restrittive della libertà di concorrenza) e dell'art. 614 c.p. (violazione di domicilio).
Innanzitutto il MiSE ha specificato che, con la suddetta risoluzione, non si riferisce all'attività di rilevazione prezzi svolta nell'ambito del servizio statistico nazionale o comunque da parte di soggetti pubblici nell'ambito delle loro legittime competenze istituzionali, ma solamente all'attività di rilevazione prezzi svolta da privati.
Mettendo poi in rilievo l'attività in oggetto, l'art. 2 della l. n. 287/1990 specifica come non vengano posti divieti all'attività di rilevazione dei prezzi, ma al contrario, vengano vietati quei comportamenti delle imprese che mirano a "...restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante...".
Analizzando invece l'art. 614 c.p., il MiSE richiama la definizione, oramai consolidata da parte della Cassazione penale, che definisce "domicilio
" qualsiasi "luogo nel quale si estrinseca, in ambito privato, la vita e la personalità del cittadino". Con questa puntualizzazione la Cassazione ha voluto accostare il termine domicilio alla privata dimora del cittadino, come luogo con accesso sottoposto al controllo e alla discrezionalità di quest'ultimo.Cosa diversa è invece l'attività di supermercato definita come luogo aperto al pubblico in cui chiunque può liberamente entrare a determinate condizioni che vengono stabilite dalla legge. In base a quanto poi specificato dall'art. 614 c.p., il quale precisa che la fattispecie di reato si realizzerebbe quando il soggetto si introduce "contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con l'inganno", il Ministero evidenzia come nel caso di specie, non sussisterebbe il diritto di esclusione.
Per completare al meglio la propria risposta il MiSE evidenzia anche come non esistano espressi divieti posti dal legislatore in quanto l'attività di rilevazione si riferisce ad un elemento (il prezzo) che deve essere reso pubblico. Il Ministero esclude anche la possibilità che il caso di specie possa riferirsi ad una violazione dell'art. 2598 c.c. (atti di concorrenza sleale) e degli art. 2, 98 e 99 del d.lgs. n. 30/2005 (codice della proprietà industriale).
A seguito delle precedenti considerazioni il MiSE conclude specificando che "non sembrano sussistere elementi normativi che impediscano l'accesso e lo svolgimento dell'attività di rilevazione dei prezzi all'interno di un esercizio commerciale, laddove la medesima non intralci il normale svolgimento dell'attività commerciale".
A conclusione del suo ragionamento il Ministero aggiunge poi che queste sue considerazioni verranno inviate all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato al fine di conoscere anche il suo parere di competenza.
Parere che verrà esposto nella nota n. 33154 dell'8 maggio 2015 (contenuta nella Risoluzione n. 79957 del 29 maggio 2015 del MiSE), con la quale l'Autorità ha evidenziato le corrette modalità e finalità della rilevazione dei prezzi.
Anche in questa risoluzione il quesito posto da una società facente parte della Grande Distribuzione Organizzata è se l'attività di rilevazione prezzi sia legittima o meno. Il Ministero, richiamando la Risoluzione precedente, vi aggiunge anche la nota dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
La citata Autorità ha voluto effettuare alcune precisazioni riguardanti il caso di specie: il fatto che l'attività di rilevazione dei prezzi non sia considerata illegale, non esclude che la stessa possa acquisire rilievo se posta con specifiche condizioni e sottoposta ad accertamento e valutazione da parte dell'Autorità. Infatti, l'attività di rilevazione prezzi che viene svolta da una società di marketing su commissione delle imprese distributive, può essere considerata "idonea ad incidere sulle dinamiche concorrenziali delle imprese committenti".
Si aggiunge che, sulla base della oramai consolidata giurisprudenza italiana ed europea, "lo scambio di informazioni di mercato tra imprese - quando non abbia mere finalità statistiche, ma costituisca invece un sistema istituzionalizzato e periodico di comunicazione tra società concorrenti - possa rappresentare un'intesa restrittiva della concorrenza, anche quando le informazioni abbiano natura intrinsecamente "pubblica", come nel caso dei prezzi di vendita. Anche i dati pubblici, infatti, possono essere raccolti, predisposti, organizzati e scambiati tra imprese in modo da rendere le informazioni immediatamente fruibili e confrontabili, diversamente da quanto accadrebbe in assenza dello scambio, sì da facilitare il coordinamento su un equilibrio di mercato collusivo. E ciò con costi informativi condivisi e, pertanto, notevolmente ridotti".
Alla luce di queste considerazioni dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il MiSE conclude evidenziando che l'attività di rilevazione dei prezzi sul punto vendita è legittima se rientra nei limiti e nelle finalità evidenziate dall'Autorità stessa.
A differenza delle due Risoluzioni precedenti, nella n. 11667 del 19 gennaio 2016 cambia il quesito e il soggetto che lo pone: è infatti una società operante nell'ambito della rilevazione dei prezzi della Grande Distribuzione che riferisce "il diniego opposto ad alcuni suoi operatori, ai quali viene impedito, presso alcuni esercizi, il regolare svolgimento dell'attività in discorso".
In virtù di questo comportamento "chiede ulteriori chiarimenti in merito al diritto di accesso degli operatori adibiti al rilevamento dei prezzi all'interno di quei punti vendita che continuano ad opporre un rifiuto allo svolgimento dell'attività in parola, richiamando quanto previsto dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990 e la presunta violazione di domicilio di cui all'articolo 614 del codice penale".
Il MiSE in questo caso richiama la precedente nota n. 30776 del 2015 (contenente a sua volta la nota del Garante della Concorrenza e del Mercato n. 33154 del 2015) e, "considerata l'ulteriore richiesta di chiarimenti che potrebbe attestare il permanere della problematica segnalata, la scrivente Direzione Generale ritiene di inviare la presente nota (...) anche all'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, al fine di valutare se sussista l'opportunità di interventi finalizzati ad approfondire le circostanze che determinano un atteggiamento totalmente preclusivo da parte di alcune aziende".
Successivamente a questa risoluzione non vi sono stati interventi da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il che conferma come sia praticabile lo svolgimento dell'attività di rilevazione dei prezzi all'interno di un esercizio commerciale, se la medesima non intralci il normale svolgimento dell'attività e rientri nei parametri dettati dalla nota n. 33154 dell'8 maggio 2015.
Dott. Fabio Conocchioli
Specializzando in Professioni Legali
SSPL Università degli studi di Teramo
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