di Lucia Izzo - Le spese di giustizia vanno liquidate anche all'avvocato che si è difeso da solo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 189/2017 (qui sotto allegata), sul ricorso di un'avvocato che in sede di merito si era opposto a una multa emessa per infrazione del Codice della Strada.
Nonostante il ricorso fosse stato ritenuto fondato (poichè non vi era prova che il verbale di contestazione fosse stato notificato al contravventore), verificato che l'opposizione risultava proposta in proprio dal legale opponete/appellante, che l'Ente territoriale opposto non aveva contrastato la pretesa e non risultava neppure che avesse iscritto a ruolo la sanzione estinta, il Tribunale ravvisava ragioni per dichiarare irripetibili le spese del giudizio.
Per l'avvocato, tuttavia, il giudice avrebbe in tal modo disatteso la normativa di cui all'art. 91 c.p.c. che stabilisce il principio della condanna della parte soccombente al pagamento delle spese e competenze a favore dell'altra parte, con la relativa liquidazione delle stesse in sentenza.
Né sarebbe sostenibile, precisa il ricorrente, che le spese del giudizio sarebbero irripetibili perché eccessive o superflue, dato che l'opponente ha avuto necessità di dover opporsi ad una sanzione che è stata dichiarata illegittima ed ingiusta ed impugnare l'altrettanta ingiusta sentenza di primo grado.
Gli Ermellini, dichiarando fondato il ricorso, rammentano che la condanna alle spese non ha una natura sanzionatoria né costituisce un risarcimento del danno, ma è un'applicazione del principio di causalità, in altre parole, l'onere delle spese grava su chi ha provocato la necessità del processo.
Al criterio della soccombenza, sancito dall'art. 91 c.p.c., può derogarsi ex art. 92 c.p.c. quando la parte risultata vincitrice sia venuta meno ai doveri di lealtà e probità, imposti dall'art. 88 c.p.c., oppure per reciproca soccombenza, oppure per gravi ed eccezionali ragioni. In questi casi il Giudice può disporre la irripetibilità delle spese sostenute e/o la compensazione.
Ora, nel caso in esame, se da un verso il legale era la parte pienamente vittoriosa, per altro non sussistevano ragioni per non seguire il principio della soccombenza. Per il Collegio il Tribunale non avrebbe tenuto conto che la circostanza che l'avvocato si sia avvalso della facoltà di difesa personale prevista dall'art. 86 c.p.c non incide sulla natura professionale dell'attività svolta in proprio favore, e, pertanto, non esclude che il giudice debba liquidare in suo favore, secondo le regole della soccombenza e in base alle tariffe professionali, i diritti e gli onorari previsti per la sua prestazione.
A sua volta, prosegue la sentenza, la soccombenza non va esclusa neppure nel caso in cui il convenuto non si sia opposto alla pretesa dell'attore, posto che la soccombenza non va riferita all'espressa contestazione del diritto fatto valere in giudizio , che può anche mancare, ma al fatto oggettivo di aver provocato la necessità del processo.
Neppure è una ragione adeguata e sufficiente per dichiarare irripetibili le spese o disporre la compensazione, la contumacia della parte convenuta, come nel caso in esame, permanendo, comunque, la sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese.
Cass., II sez. civ., sent. n. 189/2017• Foto: 123rf.com