Per la Cassazione il frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie costituisce condotta abusiva

di Lucia Izzo - Scatta la sanzione disciplinare nei confronti del legale che nella procedura di pignoramento presso terzo deposita nella stessa udienza plurimi atti d'intervento per altrettanti distinti crediti del medesimo soggetto creditore che si sarebbero potuti riunire in uno solo. Il frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie operato dall'attore rappresenta abuso del processo poichè, di fatto, aggrava la posizione del debitore, moltiplicandosi così anche la liquidazione delle spese di giustizia.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, nella sentenza n. 961/2017 (qui sotto allegata), rigettando il ricorso promosso da due avvocati cui l'ordine forense aveva comminato la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per violazione dell'art. 49 del codice deontologico (ora art. 66 del Nuovo Codice Deontologico, che ha previsto la sanzione della "censura").


I due legali venivano sanzionati in quanto avevano aggravato la posizione debitoria del terzo nella procedura di pignoramento, assumendo iniziative giudiziarie nella procedura esecutiva senza che ricorressero effettive ragioni di tutela della parte assistita


Nonostante il ricorso al CNF, venivano confermati gli addebiti per aver proceduto, per conto dello stesso cliente, a plurimi atti di intervento per fatture autenticate emesse in arco temporale ristrettissimo, ovvero per decreti ingiuntivi ottenuti contestualmente o in breve arco temporale, ottenendo per ciascuno di essi la liquidazione delle spese consequenziali. Ancora, per esser pervenuti a plurime liquidazioni e distribuzioni amichevoli delle somme ricavate, operando in sede di assegnazione ulteriori frazionamenti del credito apparentemente ingiustificati e per aver patrocinato le regioni creditorie di cui sopra in sede esecutiva mantenendo e procrastinando l'ingiustificato frazionamento dei crediti sopra descritti. 


I ricorrenti censurano la sentenza del giudice di rinvio laddove ritiene che l'effettuazione di plurimi atti d'intervento per altrettanti distinti crediti del medesimo soggetto creditore configuri un illecito aggravio della posizione dell'esecutato, richiamando l'art. 499 c.p.c. che impone l'indicazione del singolo credito e del singolo titolo per il quale si spiega la domanda d'intervento che, nella specie, è stata fatta a verbale per ognuno solo nel verbale di udienza senza che potesse il difensore ivi riportare un unico "maxi credito" senza corrispondenza cartolare


Né l'agire così, presuppongono i ricorrenti, avrebbe portato alcun aggravio atteso che la liquidazione delle spese spetta al G.E. (il quale può provvedervi con le riduzioni previste dalla tariffa professionale) e che il riparto delle somme sarebbe avvenuto con progetto amichevole.


Conclusione non condivisa dagli Ermellini che rammentano la natura abusiva della parcellizzazione giudiziale del credito; inolre, aggiunge il Collegio, il rimedio agli effetti distorsivi del fenomeno può trovare fonte giudiziaria principale negli istituti processuali della riunione e della liquidazione delle spese, da riguardarsi come se il procedimento fosse unico fin dall'origine.


Nel caso in esame, con insindacabile accertamento di fatto, il CNF ha ritenuto provata la pluralità d'interventi posti in essere nella procedura esecutiva nel corso della stessa udienza (ad esempio dieci per una società, cinque per un'altra e così via) e ha stigmatizzato negativamente la condotta di avanzare plurimi interventi che ben avrebbero potuto, per ciascun creditore, essere compendiati in unico

atto e con unica liquidazione di compensi.

In tal modo non si sarebbe aggravata ingiustificatamente la posizione della P.A. debitrice e non si sarebbe incorso nell'illecito deontologico dell'art. 49 a norma del quale "L'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita", disposizione poi recepita nell'art. 66 del Nuovo Codice Deontologico.


Le Sezioni Unite, nell'affermare che non è consentito al creditore frazionare la propria pretesa in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, hanno giustificato tale principio con il richiamo sia a regole di correttezza, buona fede e giusto processo per "inderogabili doveri di solidarietà" (art. 2 Cost.) da ritenersi violati quando il creditore aggravi ingiustificatamente la posizione del debitore ed eserciti l'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell'attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi (Cass. Sez. U, n. 23726 del 2007;conf. Sez. U, n. 26961 del 2009).


Analogamente, rammentano i giudici, si è affermato che pure il frazionamento soggettivo delle azioni giudiziarie costituisce condotta abusiva perché idonea a gravare le parti dell'aumento degli oneri processuali derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti.


Ciò che importa, conclude la Cassazione, non è lo specchio dogmatico del diritto soggettivo o del diritto di azione. ma l'osservanza di principi  di correttezza e buona fede quali emergenti da una regola deontologica di protezione com'è quella dell'art. 49 cit., dettata in funzione della responsabilità sociale dell'avvocato quale fondamentale cerniera tra le persone e l'ordinamento giuridico.


Stante l'insindacabile accertamento di fatto operato, nella specie, dal giudice del rinvio, e la reiezione degli altri motivi avanzati, il ricorso deve essere rigettato.

Cass., SS. UU., sent. n. 961/2017

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