di Valeria Zeppilli - Graffiare un'altra persona sul collo è un comportamento tale da cagionare una lesione penalmente rilevante? Per la seconda sezione penale del Tribunale di Bari no.
Come precisato con sentenza numero 89/2016, più in particolare, per il giudice pugliese affinché il reato possa dirsi integrato occorre che la vittima, a seguito dell'aggressione, riporti un'apprezzabile menomazione funzionale dell'organismo.
Nel caso di specie, l'imputata era una madre che era stata trascinata in tribunale per aver graffiato il figlio adolescente sul collo durante un litigio familiare.
La donna, per le ragioni sopra viste, non va però condannata perché non importa che la vittima sia un ragazzino: il graffio non può essere considerato una lesione.
Bisogna fare attenzione, però, a non cadere nell'errore di ritenere che tale affermazione valga in assoluto, dato che è fondamentale considerarla avendo bene in mente tutte le circostanze del caso concreto.
Basti pensare a quanto chiarito a chiare lettere qualche tempo dalla Corte di cassazione, che nella sentenza numero 45345/2016 ha affermato che non è possibile ritenere che la giurisprudenza, "nel qualificare come "malattia", ai fini della configurabilità del reato di lesioni, una "apprezzabile riduzione di funzionalità" della parte del corpo interessata dal fatto lesivo … abbia inteso escludere dall'ambito della rilevanza penale ... tutti i fatti lesivi di modesta entità quali le ecchimosi, i graffi, le scalfiture, le abrasioni etc.".
Insomma: per dare una risposta alla domanda fatta in incipit occorre guardare all'effettiva entità del graffio.