Il problema
Il Prefetto notifica un provvedimento di divieto di detenzione armi e munizioni: pare che vecchie condanne penali, risalenti al 2005 e al 2010, possano in qualche modo incidere sul possesso e sull'uso delle armi di oggi.
Ricorre la persona interessata, che propone anche la domanda cautelare tendente ad ottenere la sospensione del provvedimento impugnato.
I Magistrati sono sintetici e chiari allo stesso tempo, offrendo una risposta assai lineare.
L'incipit del ragionamento giuridico è questo.
Fermo restando che l'Amministrazione dispone di vasta discrezionalità in questa materia, ciò non toglie però che essa debba sempre rispettare i criteri della logica e della coerenza nel proprio agire.
Logica e coerenza che finiscono per essere violati nel caso in cui le risultanze documentali appartenenti al dossier dell'interessato non vengono scrutinate a dovere.
In pratica: non è condivisibile la conclusione dell'amministrazione che vuol far risultare come inaffidabile quella persona che ha avuto, in un lontano passato, procedimenti penali per reati non collegati, direttamente o indirettamente, al mondo delle armi.
Del resto, le stesse sentenze che parlano di "argomenti presuntivi sull'affidabilità" rispetto a procedimenti penali, lo fanno mettendo in luce aspetti specifici delle vicende trattate, le cosiddette peculiarità del caso concreto. Ad esempio, nei casi di reiterazione di reati.
La soluzione dei magistrati
Il Tribunale accoglie la domanda cautelare e sospende il provvedimento impugnato, rinviando la causa all'udienza di merito nel 2017.
Il Ministero dell'Interno deve pertanto conformarsi a quanto disposto dai Giudici, provvedendo in primo luogo secondo le disposizioni scaturite dall'accoglimento della sospensiva.
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