di Lucia Izzo - Poiché l'ordinanza di assegnazione di crediti, resa ai sensi dell'art. 553 c.p.c., acquista efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo assegnato solo dal momento in cui sia portata a conoscenza di questi o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell'ordinanza stessa, è illegittima l'intimazione, col precetto notificato prima di tale momento, del pagamento di spese o competenze o compensi diversi ed ulteriori rispetto a quanto indicato nell'ordinanza.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione terza civile, nella sentenza n. 2724/2017 (qui sotto allegata). All'esito di un'espropriazione di crediti intentata dinnanzi al competente Tribunale da una creditrice nei confronti dell'INPS e delle banche suoi terzi debitori, fu resa ordinanza di assegnazione (in data 28 aprile 2009) ai sensi dell'art. 553 c.p.c., con ordine al terzo pignorato di corrispondere le somme indicate agli assegnatari entro venti giorni dalla notificazione della stessa.
Notificazione che, tuttavia, avveniva solo in data 20 settembre 2010 insieme a un contestuale precetto di pagamento entro dieci giorni, contenente anche l'autoliquidazione delle relative spese e competenze di procuratore.
Una delle banche trasmetteva due assegni per importi corrispondenti a quelli indicati nell'ordinanza di assegnazione, che la creditrice non ritenne statisfattivi; di conseguenza intentò, innanzi allo stesso Tribunale, altra espropriazione presso terzi per l'ulteriore somma (nei confronti della stessa banca e di altre due creditrici).
Sull'immediata opposizione della debitrice il giudice sospese l'esecuzione e rimise le parti al giudice di pace, competente per valore: questi, ritenuto illegittimo il precetto in quanto non sorretto da idoneo titolo esecutivo, sostanzialmente accolse l'opposizione della debitrice, sia pur con formula riferita alle domande svolte dall'opposta, attrice in riassunzione.
In sede d'appello, rigettando il gravame, veniva riconosciuta natura di titolo esecutivo all'ordinanza di assegnazione, mai impugnata in sé, e al contempo veniva qualifica contraria a correttezza e buona fede la condotta del creditore, sia per contrasto col termine per adempiere fissato al terzo nella stessa ordinanza azionata, inconciliabile con la facoltà di intimare precetto prima della sua scadenza reclamata dall'appellante, sia e soprattutto con la posizione del terzo pignorato, ignaro della sorte del processo esecutivo e altrimenti vittima di un abuso del processo.
Interrogata sulla vicenda, la Cassazione ritiene infondato il ricorso del creditore: la sentenza gravata, evidenziano i giudici, non disconosce la natura di titolo esecutivo, nei confronti del terzo già pignorato e poi assegnato, all'ordinanza di assegnazione resa ai sensi dell'art. 553 c.p.c., "ma ne postula la non azionabilità in uno al precetto, prima cioè del decorso del termine dilatorio fissato al terzo medesimo, termine che ne costituisce una evidente peculiarità".
Al proposito, viene richiamato il principio di diritto già espresso in sede di legittimità, in base al quale "in tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 533 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo e a favore dell'assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnato o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell'ordinanza di assegnazione".
Una volta riconosciuto il difetto di esecutività dell'ordinanza di assegnazione prima della scadenza del termine ivi indicato, per i giudici "minimali esigenze di coerenza sistematica impongono la sospensione anche del potere di agire in executivis in capo al creditore, al quale va ricondotta anche la facoltà di richiedere spese o competenze o compensi per il precetto nel medesimo intervallo" come indicato da principi di legge in materia.
Tale soluzione, conclude la Cassazione, va riconosciuta per garantire l'effettività della tutela della facoltà concessa al nuovo debitore, il terzo assegnato, (indicato nel titolo che egli potrebbe legittimamente ignorare per la struttura del processo di espropriazione presso terzi) di adempiere spontaneamente, senza aggravio della sua peculiare posizione, essendo orginariamente estraneo ai rapporti di debito e credito tra i soggetti effettivamente interessati, e dei relativi oneri e spese.
Si eviterebbe così un uso improprio, se non un abuso, del processo esecutivo di moltiplicazione indebita di spese e competenze e compensi, e quindi di ingiusto arricchimento, a danno di soggetti ignari o incolpevoli.
Cass., III sez. civ., sent. n. 2724/2017• Foto: 123rf.com