di Gilda Summaria - Con nota del 29 dicembre 2016, il Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ha trasmesso al Consiglio di Stato il documento denominato «Linee Guida per l'iscrizione nell'Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, previsto dall'art. 192 del d.lgs. 50/2016» per acquisire un parere consultivo.
Il Consiglio di Stato esordisce, evidenziando che correttamente, le linee guida si occupano dei soli requisiti "soggettivi" dell'in house e non delle regole di trasparenza dei singoli affidamenti, che resta materia a sè, poiché ciò viene richiesto dalla direttiva comunitaria prima e dal nuovo codice appalti (d.lgs n. 50/2016) a seguire .
Già nel parere n. 855/2016, reso da i giudici di Palazzo Spada, riuniti in Commissione Speciale, si stabiliva il principio della sufficienza, come fattore di legittimazione all'affidamento domestico, della mera presentazione della domanda, e non dell'effettiva iscrizione nell'elenco ex art. 192 d.lgs. n. 50/2016 , pertanto appare verosimile che la forma di pubblicità prevista dal summenzionato codice appalti abbia efficacia meramente dichiarativa.
Leggendo in combinato disposto la legge delega ed il nuoco codice, appare chiaro che Il legislatore nazionale non ha, inteso assoggettare l'esercizio della facoltà di avvalersi del modulo in house ad un accertamento costitutivo o a un'iscrizione con efficacia abilitante, le condizioni di esclusione di un appalto pubblico (o di una concessione) dall'ambito di applicazione del codice e, quindi, gli elementi costitutivi della fattispecie dell'affidamento in house, restano quelle dettate esclusivamente dall'art. 5 del codice stesso, non etero integrato da altre fonti.
In linea con il nuovo codice appalti ed in continuità con lo stesso appare anche l'art. 16 del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 ("Testo Unico in materia di società pubbliche"), il quale fissa i requisiti sostanziali di tale modello alternativo all'esternalizzazione (controllo analogo, attività dedicata, partecipazione pubblica qualificata), senza contemplare né in modo diretto né in modo indiretto il profilo pubblicitario.
Tutto cio' doverosamente premesso e ritenuto , c'è anche da sottolineare che l'elenco non puo' avere una portata meramente notiziale, volta esclusivamente a sollecitare ad esempio un controllo esterno del "mercato".
Argomentando e prendendo spunti da altri istituti giuridici contemplati in altre norme, di natura pubblicistica, la domanda di iscrizione nell'elenco ‒ non costituisce un "titolo" abilitativo necessario per procedere ad affidamenti diretti, ma appare affine per schema concettuale, al paradigma della segnalazione certificata delle attività private di cui all'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (SCIA oggetto di novella revisione) .
Pertanto la sola domanda consente ex se di procedere all'affidamento, ma contestualmente innesca una fase di controllo da parte dell' ANAC (la cui attività è regolata compitamente dall'art. 213 del d.lgs n. 50/2016) la cui verifica si tradurrà in un atto con valore provvedimentale solo se si conclude con un esito negativo (diniego di iscrizione accertamento negativo, assimilabile a un provvedimento di esercizio del potere inibitorio analogo a quello del citato art. 19 della legge n. 241 del 1990.
L'effetto pregiudizievole evidenziato da tale deminutio, consente di qualificare tali atti alla stregua di provvedimenti amministrativi con relativo esercizio di potere autoritativo, e pertanto tali atti risulteranno impugnabili davanti agli organi della giustizia amministrativa.
Ulteriore ed importante aspetto che analizza il Consiglio di Stato è quello che in assenza di norma di legge abilitante, e in conformità ai principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di salvaguardia della sécurité juridique, si deve, invece, escludere che il diniego di iscrizione o la cancellazione possa produrre l'automatica caducazione degli affidamenti in essere e, a fortiori, dei contratti già stipulati, pertanto suggerisce di eliminare dalle linee guida, inviate al suo vaglio, il punto 8.8., il quale statuisce che, dalla data di cancellazione dall'elenco, «i contratti già aggiudicati devono essere revocati e affidati con le procedure di evidenza pubblica previste dal Codice, poiché proprio per come già argomentato tale disposizione non gode della necessaria copertura legislativa ricolvendosi in una atecnica e irrituale fattispecie di revoca del contratto.
In definitiva il Consiglio si determina nel senso che le linee guida non possono integrare, alla stregua di tutti i rilevi summenzionati, i presupposti legittimanti dell' in house providing, i quali restano solo quelli dell' art. 12 della direttiva 24/2014/UE , recepiti nell'art. 5 del codice appalti e nell' art. 16 del d.lgs. n. 175 del 2016.
Secondo i giudici l' ANAC, dovrà specificare in modo non equivoco che i parametri fissati nelle linee guida, in particolare quelli riferibili al cd. "controllo analogo", sono esemplificativi e che il controllo analogo: ex ante, contestuale, ex post deve avvenire cumulativamente e non alternativamente.Mail:gildasummaria1@virgilio.it - Legalmail: avvgildasummaria@pec.giuffre.it