di Marina Crisafi - L'erronea data di nascita del debitore nel titolo esecutivo è un errore materiale e dunque emendabile che non ne comporta la nullità, a meno che non sia causa di incertezza sul contenuto della decisione e sulle parti del rapporto processuale. Lo ha affermato la terza sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 3775/2017 depositata ieri (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di un creditore contro la decisione del tribunale che (a seguito di opposizione agli atti esecutivi) dichiarava la nullità del precetto intimato al debitore per il pagamento di una somma di denaro.
Per i giudici di merito, l'errore contenuto nel titolo azionato, ossia la data di nascita della debitrice diversa da quella effettiva, faceva scaturire la nullità del precetto.
Per gli Ermellini, non è così. "L'inesatta indicazione in sentenza di dati anagrafici di alcuna delle parti, quali il luogo e la data di nascita - affermano preliminarmente - costituisce errore materiale, emendabile attraverso la procedura stabilita dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., qualora l'erronea iscrizione di tali dati non determini incertezze riguardo al contenuto della decisione ed alle parti del rapporto processuale, cui essa si riferisce".
La sentenza impugnata, per il Palazzaccio, è dunque palesemente errata.
Nel caso di specie, difatti, il vizio denunciato, "proprio perché non comportante alcuna nullità della sentenza (non prevista da alcuna norma e quindi non pronunciabile in base al principio della tassatività delle nullità processuali, sancito dall'art. 156, comma 1, c.p.c.), ma una mera irregolarità, peraltro emendabile (ed emendata), non avrebbe mai potuto riverberarsi - invalidandolo - sul precetto".
Invero, si legge ancora in sentenza, "l'art. 480, comma 2, c.p.c., prevede gli elementi che il precetto deve necessariamente contenere, a pena di nullità, tra cui l'indicazione delle parti; tale requisito deve ritenersi insussistente, analogamente a quanto dettato dall'art. 164 c.p.c. per la nullità dell'atto di citazione
, quando detta indicazione sia stata del tutto omessa o sia tale da generare assoluta incertezza al riguardo". Ma nella specie, tale requisito non era stato posto in discussione quale vizio proprio del precetto (che infatti identificava con esattezza la debitrice), "sostenendosi invece che quest'ultimo fosse invalido per nullità derivata". Già sul piano concettuale, quindi, concludono da piazza Cavour, "la tesi dell'opponente era ed è insostenibile, poiché l'atto processuale che sia collegato ad altro atto, che lo precede nella sequenza procedimentale e ne costituisce il presupposto, non può mai mutuare dal primo una invalidità da cui questo (come nella specie) non è affetto". Conseguentemente, il vizio su cui si fondava l'opposizione della debitrice non avrebbe mai potuto giustificare l'accoglimento, "non essendo esso neanche astrattamente idoneo ad inficiare la validità del precetto". Per cui, sentenza cassata con rinvio.Cassazione, sentenzi n. 3775/2017
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