Avv. Daniele Paolanti - Gli amministratori, in un contesto societario, sono ovviamente responsabili per i danni che determinano con il loro operato. Di conseguenza è lecito ritenere che detta responsabilità valga non solo nei confronti dei soci ma finanche nei confronti dei terzi. A livello terminologico è opportuno precisare come gli amministratori siano responsabili non verso i singoli soci quanto piuttosto verso la società, che è un'entità distinta rispetto sia ai soci che agli amministratori. Le responsabilità che possono scaturire dalla condotta degli amministratori possono essere molteplici ma si distinguono generalmente in civili, amministrative e penali. Ciascun amministratore è tenuto infatti all'assolvimento delle proprie funzioni nel rispetto dell'atto costitutivo ma, soprattutto, ad un rigore ed una diligenza commisurate alla natura dell'incarico assunto.
La diligenza richiesta
Ovviamente, alla luce di quanto appena esposto, la diligenza richiesta agli amministratori nello svolgimento delle proprie funzioni è ben diversa rispetto a quella che si potrebbe pretendere da un comune debitore in un rapporto obbligatorio. Infatti l'amministratore è tenuto a conservare nelle sue funzioni un grado di diligenza che sia commisurato alla natura dell'incarico assunto ed alla specialità dello stesso, ragion per cui non è sbagliato ritenere che si applichi in detto contesto l'art. 1176 c.c. laddove lo stesso dispone: "Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata". Il profilo che ci interessa della norma citata è quello di cui al comma II non essendo esigibile da un amministratore la semplice diligenza del buon padre di famiglia dovendosi semmai pretendere la più qualificata diligenza propria di chi svolge un'attività professionale.
Socio unico, consiglio di amministrazione o comitato esecutivo
La responsabilità degli amministratori e le relative azioni esperibili cambiano a seconda della composizione della società a livello amministrativo. Se vi fosse, ad esempio, un socio unico, è più che mai inevitabile come l'unico responsabile sia questi non essendo presente un collegio atto a supportarlo. Nell'ipotesi in cui la delibera che ha prodotto nocumento alla società sia stata adottata dal consiglio di amministrazione, ovvero da una pluralità di amministratori in collegio, le cose cambiano ed assumono sfaccettature diverse. In linea di principio, se la decisione è stata assunta dal C.d.A. la responsabilità per il nocumento scaturente è di tutti, ma laddove alla decisione non dovesse concorrere uno (o più amministratori) questi resterebbero immuni da colpa se il loro dissenso sia "qualificato", ovvero manifestato per iscritto ed annotato nel libro delle adunanze, oltre che comunicato al collegio sindacale.
La legge utilizza inoltre un'espressione oscura, su cui la dottrina si è espressa in termini ampi cercando di interpretare nel modo più pertinente la littera legis. L'amministratore dissenziente deve essere anche "immune da colpa". La definizione di un'espressione così ellittica che qui si intende condividere è quella tesa ad ammettere che l'amministratore non solo debba comunicare expressis verbis il suo dissenso, ma il suo comportamento non deve contribuire ad arrecare nocumento alla società. Nell'ipotesi di delega di funzioni, il consiglio di amministrazione assumerà la responsabilità solo se non ha vigilato adeguatamente sugli atti posti in essere dal comitato. In detta ipotesi si configurerà una responsabilità di tipo solidale.La giurisprudenza
L'azione di responsabilità, in pendenza di una procedura concorsuale, può essere promossa finanche dal curatore avendo ammesso la Suprema Corte che "l'azione di responsabilità sociale ex art. 2393 c.c., ha natura contrattuale e presuppone un danno prodotto alla società da ogni illecito doloso o colposo degli amministratori per violazione di doveri imposti dalla legge e dall'atto costitutivo; l'azione di responsabilità verso i creditori sociali ex art. 2394 c.c., ha natura extracontrattuale e presuppone l'insufficienza patrimoniale cagionata dall'inosservanza di obblighi di conservazione del patrimonio sociale (Cass., sez. 1^, 22 ottobre 1998, n. 10488, m. 519978, Cass., sez. 1^, 20 settembre 2012, n. 15955, m. 623922). Sicchè il curatore fallimentare, quando agisce postulando indistintamente la responsabilità degli amministratori, fa valere sia l'azione che spetterebbe alla società, in quanto gestore del patrimonio dell'imprenditore fallito, sia le azioni che spetterebbero ai singoli creditori, considerate però quali "azioni di massa" in ragione della L. Fall., art. 146 (Cass., sez. 1^, 3 giugno 2010, n. 13465, m. 613663). E il titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2394 c.c., può certamente risultare riferibile anche al danno da reato ex art. 185 c.p." (Cassazione civile, sez. un., 23/01/2017, (ud. 10/01/2017, dep.23/01/2017), n. 1641).
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Vincitore del concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca svolge attività di assistenza alla didattica.