di Valeria Zeppilli - Dirottare delle pazienti presso il proprio studio medico privato, in alcuni casi, può integrare anche il reato di concussione.
Con la sentenza numero 1082/2017 qui sotto allegata la Corte di cassazione ha infatti ritenuto giustificati gli arresti domiciliari inflitti a un medico di una struttura pubblica che, speculando sui tempi di interruzione volontaria della gravidanza legale nell'ospedale presso cui operava, spingeva delle donne gravide che avevano interesse o necessità di abortire in tempi ristretti, a sottoporsi all'operazione presso il suo studio privato.
Il reato ipotizzato, per i giudici, è quello di concussione per abuso della qualità o dei poteri.
Si ricorda che la concussione è quel reato commesso dal pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità (vai alla guida: "Il reato di concussione").
Nel caso di specie, la qualità pubblicistica del medico non può essere negata, dato che egli ha operato strumentalizzando la sua funzione apicale rispetto all'ambulatorio ospedaliero, senza che a nulla rilevi in senso contrario il fatto che l'aborto veniva poi praticato quale professionista privato.
Peraltro, il sanitario metteva le gestanti "con le spalle al muro" proponendo come unica alternativa all'aborto illegale il "disvelamento dello stato di gravidanza con conseguente compromissione del rapporto con il partner, di reazioni da parte dei parenti e/o di impossibilità di abortire nel termine legale di 90 giorni".
Corte di cassazione testo sentenza numero 1082/2017