di Valeria Zeppilli - Un innocente bacio sul braccio, a volte, può anche divenire reato, in particolare reato di violenza sessuale. Per meglio dire, più che di violenza sessuale vera e propria deve parlarsi di violenza sessuale tentata.
Dei chiarimenti importanti in tal senso sono stati recentemente forniti dalla terza sezione penale della Corte di cassazione che, con la sentenza numero 7154/2017 depositata il 15 febbraio e qui sotto allegata, ha delineato con assoluta precisione i confini tra violenza sessuale consumata e violenza sessuale tentata.
In particolare, i giudici hanno precisato che la forma consumata del reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale si ha solo quando la violenza e la minaccia idonee a costringere la vittima a compiere o subire un atto sessuale siano tali da violare in maniera immediata e concreta la sfera sessuale della stessa, quindi quando vi è contatto, anche breve, con le parti intime della persona offesa.
Non bisogna comunque confondersi: la stessa Corte precisa che ai fini della configurabilità del reato non è comunque necessaria una violenza tale da impedire alla vittima di opporre resistenza, ma è sufficiente che l'azione superi la volontà contraria di quest'ultima, anche compiendosi in modo insidiosamente rapido.
Venendo al tentativo, esso si configura invece quando il contatto sia stato fugace o superficiale e non si sia indirizzato verso una zona intima della vittima o che il colpevole considera tale. Il delitto si manifesta nella sua forma tentata poi, e chiaramente, anche quando il reo abbia compiuto atti diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale, ma questi non si siano estrinsecati in un contatto corporeo.
Nel caso di specie, l'imputato aveva posto in essere nei confronti della vittima sfregamenti e baci sul braccio e sulle mani, toccamenti ripetuti e altre condotte che, tenuto conto del contesto e delle modalità, erano inequivocabilmente dirette a invadere la libertà sessuale delle sue vittime.
Come già ritenuto dal giudice del merito, tali comportamento dovevano ritenersi compresi tra quegli atti idonei a integrare l'elemento oggettivo del reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale. Tuttavia, per la Cassazione, più correttamente ci si sarebbe dovuti riferire al delitto tentato e non a quello consumato.
La Corte d'appello dovrà tornare quindi ad analizzare la vicenda.
Corte di cassazione testo sentenza numero 7154/2017• Foto: 123rf.com