Avv. Francesco Pandolfi - Nel momento in cui una persona riporta un danno alla propria salute a causa di un evento accidentale provocato da terzi, si pone sempre il problema di dimostrare nella successiva causa la risarcibilità e l'entità di questo danno.
Ciò che accade nelle aule di tribunale è questo: a fronte delle domande che vengono poste dal danneggiato, i Giudici si preoccupano in generale di evitare le cosiddette duplicazioni risarcitorie: ritengono infatti che la persona del danneggiato vada considerata unitariamente dall'ordinamento.
Affermano ad esempio che le ripercussioni alla salute rilevabili strumentalmente sono senz'altro risarcibili, mentre per quanto riguarda il cosiddetto "fare areddituale", cioè la compromissione della quotidianità, esso si debba inglobare nel c.d. danno biologico, a sua volta relativo alle condizioni fisiche che consentivano al danneggiato l'esplicazione della sua personalità nel quotidiano, tramite qualunque attività.
Le sentenze e, tra queste, la stessa sentenza in commento, affermano poi che il danno morale, ossia la sofferenza patita dal danneggiato, può essere valutato come una componente del danno biologico cui si affianca almeno per un certo tipo di invalidità permanente (solitamente superiore al 10%).
La convinzione che determina questo orientamento è la seguente: ad una lesione di natura biologica pari o superiore al 10% è verosimile che si accompagni un certo grado di sofferenza risarcibile.
La pronuncia mette poi un paletto sulla questione della personalizzazione del danno, ritenuta sostenibile solo in presenza di circostanze eccezionali.
Ma veniamo dunque al punto che qui più interessa ai fini del commento: l'innalzamento del danno dato dalla maggiore usura lavorativa.
Depositata la c.t.u. in causa, lo specialista medico legale mette in evidenza una maggiore fatica e sofferenza lavorativa del danneggiato, oltre a svolgere un lavoro riduttivo rispetto a quello precedente (da montatore meccanico di macchinari pesanti a meccanico di piccole macchine).
Quantifica perciò il danno con il 14,5% di invalidità permanente, ossia euro 63.360,00 secondo le note tabelle milanesi (comprensivo della "sofferenza").
La voce che invece giustifica e permette l'innalzamento del danno è data dal c.d. danno da maggiore usura lavorativa, in quanto comprovato nella consulenza tecnica d'ufficio.
Qui il tribunale fa questo ragionamento: al posto di elevare il "punto base" delle tabelle che fungono da metro valutativo, opera un aumento in termini assoluti in quanto così risulta più evidente il disvalore della lesione.
In pratica
La radicale modifica delle abitudini lavorative per colpa del sinistro viene compensata in causa con una voce specifica di danno risarcibile, liquidato equamente in euro 20.000,00.
Segue in ultimo la liquidazione (ricavata dai cud allegati) del danno patrimoniale da riduzione del reddito da lavoro dipendente.
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