Abogado Francesca Servadei - Nella fase successiva alla formazione del giudicato, ossia quando la sentenza penale non può essere più soggetta ad impugnazione, tre sono le figure importanti: il Pubblico Ministero, il Giudice dell'esecuzione e la magistratura di sorveglianza.
Per quanto concerne il Pubblico Ministero, nel caso di sentenza di condanna, ai sensi dell'articolo 655 e 656, emette l'ordine di carcerazione ovvero l'ingiunzione a costituirsi in carcere.
Nel caso in cui tale organo emetta l'ordine di carcerazione per una pena detentiva non superiore a tre anni, contestualmente deve emettere il decreto di sospensione dell'esecuzione; sei anni nel caso in cui il condannato sia persona tossicodipendente ovvero alcoldipendente per il quale è in atto un programma di recupero, ovvero nel caso in cui il condannato sia persona che debba espiare una pena definitiva per reati legati al suo stato di tossicodipendenza.
Il decreto di sospensione deve essere notificato sia al condannato che al suo difensore, il quale entro trenta giorni può avanzare istanza volta ad ottenere la concessione di misure alternative.
La mancata presentazione di alcuna istanza comporta che il decreto è revocato e la pena viene posta in esecuzione.
L'istanza al pubblico ministero
L'istanza viene presentata al Pubblico Ministero, il quale provvede a trasmetterla al competente Tribunale di Sorveglianza.
Nel caso in cui la pena detentiva non sia maggiore a diciotto mesi, il Pubblico Ministero che ha sospeso l'esecuzione, trasmette alla magistratura di sorveglianza, nel caso specifico al magistrato di sorveglianza, la richiesta che la pena sia espiata presso il domicilio. E' lecito affermare che la ratio di tale normativa risiede nell'articolo 1 della Legge 199/2010 il cui scopo è quello di evitare il sovraffollamento nelle carceri.
La sospensione dell'esecuzione
Nel modificato articolo 656 del codice di rito la sospensione dell'esecuzione, secondo quanto statuito dal comma 5, non può essere disposta nei confronti dei condannati che hanno commesso un reato per i delitti dell'articolo 4bis Legge 354/1975; per coloro che al momento in cui la condanna diventa definitiva si trovano già in carcere in stato di custodia cautelare.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. sentenza 34531/2011) ha definito che nel caso in cui si verifichi il passaggio in giudicato della sentenza, questa non determina l'automatica interruzione della pendente custodia cautelare, la quale invece prosegue in detenzione espiativa quando è disposta l'esecuzione della pena; inoltre le Sezioni Unite della Cassazione hanno statuito (sentenza 18353/2011), che nel caso in cui al momento del passaggio in giudicato della sentenza, sia in atto una misura cautelare non custodiale, come per esempio l'obbligo di dimora, questa misura si estingue automaticamente senza che alcun giudice dichiari caducata la misura stessa.
In sintesi
Da quanto esposto si evince che: 1) per i delitti ostativi è negata la sospensione; 2) la sospensione è negata anche per coloro che al momento del passaggio in giudicato si trovano in carcere per una misura cautelare; 3) per coloro che si trovano in carcere per un fatto diverso dal quello per il quale vi è stato il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il Pubblico Ministero, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza prima di emettere l'ordine di carcerazione e l'eventuale decreto di sospensione; 4) se la pena da espiare rientra nel comma quinto e il condannato si trovi agli arresti domiciliari, il Pubblico Ministero può disporre la sospensione dell'esecuzione; 5) infine, sussiste il divieto di sospensione per i recidivi.
Per quanto concerne invece le pene pecuniarie il Pubblico Ministero può disporre la rateizzazione del pagamento ovvero il loro differimento, prima di convertirle in libertà controllata ex articolo 660 del codice di procedura penale.
Una particolare attenzione deve essere rivolta all'articolo 657-bis del codice di rito: in caso di esito negativo della messa alla prova ovvero in caso di revoca il Pubblico Ministero può effettuare la conversione, pertanto un giorno di M.A.P. corrisponde ad un giorno di reclusione ovvero arresto o a 250 euro di multa o di ammenda. Inoltre al Pubblico Ministero concerne l'iniziativa dell'ordine di demolizione (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 15/1996).
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