di Lucia Izzo - Gli Stati membri possono riservare esclusivamente ai notai, e non agli avvocati, il potere di autentica delle firme negli atti di costituzione o di trasferimento di diritti reali immobiliari.
In particolare, l'art. 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, dev'essere interpretato nel senso che non si applica ad una normativa di uno Stato membro che riserva ai notai l'autenticazione delle firme apposte sui documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari ed esclude, per l'effetto, la possibilità di riconoscere in tale Stato membro una siffatta autenticazione effettuata da un avvocato stabilito in un altro Stato membro. Ancora, tale normativa non osta all'art. 56 TFUE.
Lo ha precisato la Corte di Giustizia, quinta sezione, nella sentenza del 9 marzo 2017 (qui sotto allegata) pronunciata nella causa C-342/15 riguardante la vicenda di una cittadina austriaca, proprietaria di una quota di un'immobile in Austria.
La signora aveva sottoscritto in Repubblica Ceca una domanda di annotazione nel libro fondiario austriaco di una prevista vendita della propria quota di tale immobile a fini di annotazione dell'ordine di grado. La firma della richiedente in calce a tale domanda era stata autenticata da un avvocato ceco, facoltà consentita dal proprio diritto nazionale.
Tuttavia, la successiva domanda di annotazione nel libro fondiario austriaco veniva rigettata, poichè per la legge austriaca l'atto sarebbe dovuto essere autenticato da un giudice o da un notaio, a differenza del sistema ceco che consentiva l'autentica ad altri operatori giuridici, ad esempio gli avvocati.
La vicenda assume interesse alla luce del dibattito da tempo aperto sulla possibilità di una riforma che trasferisca agli avvocati alcuni compiti dei notai, di cui si è fatta portavoce anche l'AIGA (per approfondimenti: Crisi di vocazione dei notai? Aiga, dare più competenze agli avvocati). Una norma all'uopo dedicata era stata inserita nel ddl concorrenza, per poi venire accantonata (per approfondimenti: Ddl Concorrenza: in arrivo le novità per notai e avvocati e Ddl concorrenza: sì della Camera. Ora la parola passa al Senato)
La Corte di Giustizia ha rammentato che la direttiva 77/249, la quale mira a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, secondo la formulazione del suo articolo 1, paragrafo 1, autorizza una deroga alla libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, disponendo che gli Stati membri hanno facoltà di riservare a "determinate categorie di avvocati" la possibilità di redigere atti autentici riguardanti, segnatamente, la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari.
Tuttavia, tale deroga ha una portata limitata e le determinate categorie di avvocati sono individuate in modo espresso dalla direttiva stessa, nata per affrontare la situazione giuridica peculiari di stati membri di Common Law che prevedono differenti categorie di avvocati e la competenza esclusiva di alcuni di essi (i solicitor) a redigere taluni atti giuridici di diritto immobiliare.
Tenuto conto di ciò, per i giudici europei l'articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 77/249 va interpretato nel senso che non si applica a una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del provvedimento principale, che riserva ai notai l'autenticazione delle firme apposte sui documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari ed esclude, per l'effetto, la possibilità di riconoscere in tale Stato membro una siffatta autenticazione effettuata da un avvocato stabilito in un altro Stato membro.
Quanto all'articolo 56 TFUE, che impone non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, la disposizione nazionale oggetto del procedimento principale effettivamente ne restringe le garanzie.
Una tale restrizione può tuttavia essere ammessa a titolo di deroga, percisa la Corte, per ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, espressamente previste dal TFUE, applicabili parimenti in materia di libera prestazione dei servizi in forza dell'articolo 62 TFUE, o può essere giustificata, se applicata in modo non discriminatorio, da ragioni imperative d'interesse generale.
Come sottolineato dai governi austriaco e tedesco, occorre rilevare che il libro fondiario, soprattutto in taluni Stati membri in cui esiste un notariato di tipo latino, riveste un'importanza decisiva, soprattutto nelle transazioni immobiliari. In particolare, qualsiasi annotazione in un libro fondiario, quale il libro fondiario austriaco, produce effetti costitutivi, nel senso che il diritto della persona che ha domandato tale annotazione nasce unicamente in forza di quest'ultima.
In questo contesto, disposizioni nazionali che obblighino a verificare, avvalendosi di professionisti giurati, come i notai, l'esattezza delle annotazioni effettuate in un libro fondiario, contribuiscono a garantire la certezza del diritto quanto alle transazioni immobiliari e il buon funzionamento del libro fondiario e si ricollegano, più in generale, alla tutela della buona amministrazione della giustizia che, in conformità alla giurisprudenza della Corte, costituisce un motivo imperativo di interesse generale.
L'intervento del notaio è rilevante e necessario onde procedere all'annotazione nel libro fondiario, giacché la
partecipazione di questo professionista non si limita a confermare l'identità di una persona che ha apposto una firma su un documento, bensì implica altresì che il notaio venga a conoscenza del contenuto dell'atto in questione allo scopo di assicurarsi della regolarità della transazione che si intende concludere, e che egli verifichi la capacità della ricorrente a compiere atti giuridici.
Ciò premesso, la circostanza che le attività connesse all'autenticazione degli atti relativi alla costituzione o al trasferimento di diritti reali immobiliari siano riservate a una specifica categoria di professionisti, depositari della fede pubblica, e su cui lo Stato membro coinvolto esercita un particolare controllo, rappresenta una misura adeguata a conseguire gli obiettivi di buon funzionamento del sistema del libro fondiario e di legalità e certezza del diritto quanto agli atti stipulati tra privati.
Inoltre, rileva il Collegio, l'attività espletata dagli avvocati e consistente nel certificare l'autenticità delle firme apposte in calce a taluni atti non è assimilabile all'attività di autenticazione svolta dai notai. L'articolo 56 TFUE dev'essere interpretato nel senso che non osta a una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che riserva ai notai l'autenticazione delle firme apposte in calce ai documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari.
Corte di Giustizia Europea, sent. C-342/15• Foto: 123rf.com