In questa sede, si vuole esaminare la sentenza n. 267/2017 di recente emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino (qui sotto allegata).
Il giudizio è originato da un ricorso avverso due avvisi di pagamento con cui la P.A. ha chiesto il versamento dei tributi riportati in altrettante cartelle esattoriali notificate rispettivamente nell'anno 2002 e nell'anno 2006. A seguito dell'eccezione del ricorrente, la detta Commissione Tributaria ha ritenuto che entrambi i crediti devono ritenersi inesigibili perché ormai prescritti. I giudici avellinesi, in linea con l'ormai acclarato orientamento giurisprudenziale, in primo luogo hanno escluso che gli atti impositivi emessi delle amministrazioni tributarie (come le cartelle esattoriali) potessero determinare la trasformazione dei termini di prescrizione da brevi a decennali in virtù dell'art. 2953 c.c. Tale peculiare effetto è infatti riservato ai soli "provvedimenti aventi natura giurisdizionale" e ciò in funzione delle garanzie fornite dal procedimento in cui questi originano.
Se l'inoperatività dell'art. 2953 c.c. rispetto alle cartelle esattoriali appare un dato giuridico attualmente acquisito e condiviso dalla giurisprudenza, sopratutto a seguito della nota Sent. Cass. Sez. Unite n. 23397/2016, altrettanto non può dirsi relativamente all'esatta individuazione dei termini di prescrizione da assegnare ai crediti tributari.
Sotto tale ulteriore profilo, merita ancor di più di essere apprezzato il ragionamento sotteso al provvedimento in commento sopratutto laddove con esso si è finalmente dato il giusto risalto al carattere della "periodicità" posseduto dalle obbligazioni instaurate con il fisco. Queste ultime, chiarisce la Commissione, per loro insita fisiologia, non possono che appartenere a quei debiti che devono essere pagati "... ad anno o in termini più brevi ...". Da ciò consegue la piena operatività dell'art. 2948 n. 4 c.c. e l'esclusione del più generale principio espresso dall'art. 2946 c.c.
Ad ulteriore precisazione, la C.T.P. di Avellino sottolinea che la caratteristica della periodicità non può essere circoscritta (come pure in alcune occasioni è stato affermato) alla sola categoria delle imposte locali. In effetti, tanto per le imposte locali quanto per quelle erariali (l'esempio riportato dai Giudici è quello dell'IVA e dell'IRPEF), il debito sorge annualmente per espressa previsione di legge. Nemmeno può dirsi che l'obbligo della dichiarazione a cui sono tenuti i contribuenti, ovvero le attività di accertamento dell'ente impositore, siano fattori atti a negare il carattere della periodicità di cui sono dotate le obbligazioni tributarie.
Tali elementi rappresentano, al più, dei parametri per la determinazione del "quantum debeatur", ma non incidono circa la natura di tale peculiare rapporto. Infine, l'obbligo posto a carico del concessionario della riscossione di conservare copia delle cartelle esattoriali trasmesse ai contribuenti per il solo periodo di cinque anni, conferma e sostiene l'applicazione, per i crediti tributari, del termine prescrizionale indicato dall'art. 2948 n. 4 c.c. anziché di quello decennale.Da notare è che i principi innanzi riassunti, non rappresentano la mera propagazione del "dictum" della Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23397/2016, la quale invece viene annoverata, senza alcuna presunzione di esclusività, all'interno di un ampio e risalente percorso giurisprudenziale. Si potrebbe dunque concludere che il rapporto tra fisco e cittadino, da tempo, si conforma (o almeno dovrebbe conformarsi) alla logica, tanto ovvia quanto legittima, di salvaguardare il contribuente dai ritardi e dalle inefficienze in cui incappa la Pubblica Amministrazione.
Avv. Marco Capone
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