di Edoardo di Mauro - Secondo la Corte di Cassazione, colui che mentre fa jogging intralcia un cane prendendolo a calci, risponde di maltrattamento di animali se continua imperterrito la corsa pur adducendo di aver subito un morso producendo certificato medico del pronto soccorso.
Tale certificato è irrilevante e privo di effetto di prova a discolpa, se lo sportivo continua la corsa.
Il caso in esame
La Corte di Cassazione (Ord. Cass. Pen. Sez. VII, n. 9504/2017), ha dichiarato inammissibile il ricorso di uno sportivo avverso la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che lo condannava per maltrattamento di animali ai sensi dell'art. 544 ter c.p. per aver preso a calci durante la corsa una cane di razza yorkshire cagionandogli gravi lesioni consistite in "segni di emorragia polmonare".
Il condannato impugna la sentenza sostenendo la violazione di legge per non avere la Corte d'Appello tenuto conto ai fin probatori del certificato medico del pronto soccorso da cui si evincevano le ferite subite dal morso del cane.
In realtà la stessa Corte lo aveva condannato sulla base delle testimonianze oculari dei presenti, tra cui quella di un uomo su uno scooter che lo inseguiva con l'intento di fermarlo ed invitarlo a prendere consapevolezza della sua responsabilità.
Secondo la Corte di Cassazione, quindi, la Corte d'Appello di Firenze non ha tenuto conto del certificato medico non irragionevolmente proprio per la circostanza che lo sportivo asseriva di essere stato ferito ma in realtà aveva preso a calci il cane continuando la propria corsa.
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