di Lucia Izzo - DoNotPay si evolve e dopo aver aiutato i cittadini a contestare i verbali ricevuti, va ad aiutare i rifugiati richiedenti asilo. È la nuova frontiera del progetto del 19enne inglese Joshua Browder, brillante studente di Stanford ed enfant prodige dell'informatica, che, dopo aver aiutato i cittadini a contrastare le sanzioni ingiuste, ora guarda con maggiore interesse ai diritti umani.
DoNotPay, descritto come "The world's first robot lawyer", è un bot, un'intelligenza artificiale che via chat risponde agli utenti in modo da guidarli passo passo attraverso i passaggi legali per impugnare la multa e sollevare le dovute contestazioni alla sanzioni.Il bot sostanzialmente "discute" con l'utente ponendo apposite domande volte a guidare il sanzionato attraverso i passaggi legali per l'impugnazione della pratica (per approfondimenti: Multe: ecco l'app che ti aiuta a non pagarle).
L'applicazione del giovane studente, originario di Londra, ha avuto ragione nel 64% dei casi portando ad annullare multe per un totale di 4 milioni di dollari tra Londra e New York. Ora, tuttavia, il consulente legale automatizzato vuole essere d'aiuto anche ai richiedenti asilo negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito.
Per raggiungere questo scopo, al contrario delle precedenti versioni, il nuovo DoNotPay funziona tramite il diffuso e utilizzato Facebook Messenger, ma potrebbe presto arrivare su Whatsapp poiché consentirebbe il pieno utilizzo della crittografia end-to-end che impedisce l'accesso alle conversazioni. Tuttavia, Browder ha rassicurato gli utenti e garantito che la loro privacy verrà tutelata: "Tutti i dati vengono cancellati dal server dopo 10 minuti ed è possibile cancellare i dati anche da Facebook Messenger".
Per ottenere l'aiuto del "bot" basterà avviare la conversazione e l'assistente virtuale sarà pronto con una serie di domande per l'utente, necessarie per la compilazione dei moduli di immigrazione, come l'I-589 negli Usa e il Canadian Asylum Application in Canada.
Per quanto riguarda la Gran Bretagna, l'avvocato virtuale potrà non solo aiutare nella compilazione del form Asf1, ma anche verificare se l'utente è in possesso dei requisiti per ottenere i fondi di assistenza che il Governo riconosce ai rifugiati. Ultimate le richieste, la domanda di asilo verrà automaticamente compilata dal bot con i dati recepiti e resa disponibile.
Come ha dichiarato Browder, tutte le domande poste dal bot, per capire se il rifugiato ha diritto o meno alla protezione rispetto alle leggi internazionali, saranno in un inglese semplice (anzi, è in arrivo una versione in arabo) e l'intelligenza artificiale sarà in grado di rispondere durante tutta la conversazione. In caso di situazioni d'emergenza, ad esempio, la miglior soluzione "includerà una descrizione di quando l'abuso o lo stato di pericolo ha iniziato a verificarsi nel paese in questione".
Il progetto ha visto la collaborazione di avvocati specializzati nei vari paesi, ma anche gli stessi richiedenti asilo che hanno ottenuto il visto in passato e che hanno esposto le maggiori problematiche e criticità che si sono trovati ad affrontare nella richiesta. Il chatbot dovrà tuttavia scontrarsi con la realtà degli utenti destinatari di tali consulenze, ossia migranti e rifugiati. Tuttavia, nonostante le Nazioni Unite hanno evidenziato che solo il 39% dei rifugiati ha accesso a internet, gli smartphone sono diventati negli anni strumenti importanti per chi si allontana dal proprio paese e desidera rimanere in comunicazione con i parenti lasciati nel paese d'origine e con quelli già stabilitisi in quello di destinazione.
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