di Redazione - Non c'è reato nel dare delle "capre" agli avvocati. Lo ha deciso la Cassazione, con la recentissima sentenza n. 6965/2017, accogliendo il ricorso di un magistrato condannato per le dichiarazioni rilasciate su un forum di discussione.
La frase incriminata, come riporta IlSole24ore, era la seguente: "Come se l'intera avvocatura, senza distinguere fra avvocati preparati e validi e vere proprie capre, fosse la vittima innocente di un sistema nazi-fascista, despota ed autoreferenziale, che non lascia loro diritti né spazi operativi".
Per l'ordine degli avvocati di Teramo si trattava senza dubbio di diffamazione. Ma gli Ermellini non sono d'accordo, giacchè non può ravvisarsi responsabilità se l'offesa non è rivolta ad una persona, ma ad una categoria.
Il reato di diffamazione, è principio consolidato infatti in giurisprudenza, postula l'individuazione del soggetto passivo dell'offesa. Non può è essere integrato, invece, nel caso in cui le espressioni offensive siano scritte o pronunciate nei confronti di una o più persone appartenenti ad una categoria, anche limitata, nel caso in cui le stesse persone, non siano comunque individuabili (cfr., ex multis, 24065/2016).
Che si affermi, perciò, che tra gli avvocati bravi ci siano anche le capre, nulla togliendo agli animali, peraltro tanto amati da Sgarbi, non può rappresentare diffamazione, giacchè le espressioni contestate non possono ritenersi rivolte né al Consiglio dell'Ordine, nè tantomeno al suo presidente, ma ad una indistinta minoranza di legali "che non collaboravano in alcun modo alla corretta gestione del contenzioso"; prive quindi di una connessione o un riferimento particolare a soggetti determinati o determinabili.
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Cassazione, sentenza n. 6965/2017• Foto: 123rf.com