di Valeria Zeppilli - Dinanzi alle contestazioni fatte dal Fisco per l'incoerenza tra l'assenza di redditi imponibili e l'acquisto di beni immobili, la prova della diversa fonte di disponibilità patrimoniale deve essere fornita dal contribuente, il quale può fondarla su diversi aspetti. Ad esempio: producendo i bonifici del fidanzato.
La Corte di cassazione, con la sentenza numero 7258/2017 qui sotto allegata, ha a tal proposito rigettato il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale di Bari aveva confermato l'accoglimento del ricorso presentato in primo grado da una contribuente avverso due avvisi di accertamento con i quali le era stato contestato l'acquisto di due immobili in assenza di presentazione delle dichiarazioni di redditi. In particolare la donna, nel merito, aveva dimostrato che gli investimenti immobiliari erano stati effettuati con denaro del promesso marito e non con somme risultanti da redditi non dichiarati.
Con l'occasione la Corte, confermando le statuizioni dei precedenti giudici, ha ricordato che l'omessa presentazione di una dichiarazione da parte di un contribuente legittima l'ufficio delle imposte ad accertare il reddito utilizzando qualsiasi strumento e anche ricorrendo al metodo induttivo e alle presunzioni semplici. L'onere della prova, a questo punto, si inverte e ricade sul contribuente.
Il problema fondamentale, ciò posto, è quello di individuare i requisiti che deve avere la prova contraria per superare l'accertamento tributario ed è proprio questo che ha chiarito la Cassazione: essa, non tipizzata dalla legge, può essere offerta "con qualsiasi elemento idoneo a fornire adeguata certezza circa la natura non reddituale dell'elemento preso in considerazione dal Fisco in sede di accertamento". Insomma: anche con bonifici con causale "sussidi e regalie" partiti dal conto del compagno.
Corte di cassazione testo sentenza numero 7258/2017• Foto: 123rf.com