Per il tribunale di Torino, il fine primario è quello di tutelare l'interesse del minore

La risposta al quesito è fornita dal Tribunale di Torino (sez. VII civ. - decreto 4 aprile 2016) che, uniformandosi alle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo che prescrivono al Giudice di individuare e di concretizzare il diritto del genitore a mantenere il legame con i figli sempre nell'ottica prevalente di favorire l'interesse superiore del minore, ha deciso che il mantenimento dei rapporti familiari non deve essere imposto al minore che si oppone di frequentare l'altro genitore, al fine di tutelare l'interesse del primo rispetto ad ogni altro diritto.

Il caso concreto

Un padre separato ricorreva, dopo aver lamentato il rifiuto della figlia minore di incontrarlo e vederlo, al Tribunale di Torino al fine di imporre alla stessa di riprendere i rapporti, previa CTU psicologica volta ad accertare se l'origine di tale rifiuto fosse da addebitare ai condizionamenti psicologici posti in essere dalla madre.

La madre contestava le richieste di parte adversa ed in via riconvenzionale chiedeva che il diritto di visita padre - figlia venisse regolato nel rispetto della volontà della minore.

Altresì chiedeva il risarcimento del danno.

Il Collegio giudicante rigettava la richiesta di CTU psicologica formulata dal padre in quanto generica ed esplorativa e, quindi, inutilizzabile per individuare i fatti a sostegno della domanda.

Inoltre, la minore nel corso dell'audizione in giudizio aveva espresso chiaramente di non sentirsi a suo agio con il padre visto il suo comportamento prepotente ed aggressivo e di provare ansia solo all'idea di vederlo.

La decisione

Sulla base delle risultanze dell'audizione, il Collegio torinese, rifacendosi alle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, riteneva che "al diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore deve, specularmente, riconoscersi anche il diritto di ciascun genitore al mantenimento di rapporti effettivi con i figli affinché il principio di bigenitorialità trovi concreta ed effettiva attuazione nell'interesse ultimo del figlio stesso ad una crescita serena ed equilibrata, ed affinché il genitore sia posto nelle condizioni di esercitare la responsabilità genitoriale che gli compete e di adempiere al proprio dovere di mantenimento e cura della prole".

Il Collegio, inoltre, osservava che l'individuazione delle concrete modalità di esercizio e attuazione di tale diritto deve avvenire avendo come criterio di riferimento "l'interesse superiore del minore". Ne consegue che i provvedimenti impositivi di rapporti, visite ed incontri non costituiscono la strada migliore per garantire e tutelare "l'interesse superiore del minore" ad una proficua bigenitorialità ed ad una crescita serena ed equilibrata.

Se ne desume che il criterio da adottare, al fine di tutelare i minori nell'ipotesi di crisi familiare, è quello contenuto nell'art. 337 ter comma 2 c.c. "il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa".

I Giudici, alla luce della soprariportata norma, dovranno, pertanto, adottare i provvedimenti tenendo conto dell'interesse del figlio al fine di mantenere un rapporto equilibrato e sereno con entrambi i genitori.

Si badi bene. Il rigetto, nel caso esaminato, della richiesta di CTU psicologica non deve rappresentare un precedente, in quanto tale materia - diritto di famiglia - assai delicata non deve seguire un iter prestabilito, ma ogni caso è a sé e, pertanto, deve essere dettagliatamente esaminato al fine di tutelare al meglio il minore coinvolto.

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