Per il tribunale di Frosinone non c'è violazione del diritto d'autore se non è chiaro il fine di lucro

di Gabriella Lax - Sono leciti i link ai siti con lo streaming dei film. Lo ha stabilito il tribunale di Frosinone annullando una sanzione, di quasi 600 mila euro, a carico di siti che permettono di vedere in streaming film pirata online. In sostanza il giudice ha riconosciuto che non è automatica la violazione del diritto d'autore se un sito ospita link a streaming di film e musica su internet, anche con banner pubblicitari, se non è chiaro il fine di lucro.

Quella emessa dal tribunale di Frosinone a febbraio è stata la prima storica sentenza nel nostro Paese sul tema, riportata dal sito di Republica, attraverso l'avvocato Fulvio Sarzana di Sant'Ippolito, difensore del gestore dei diversi indirizzi web.

«Si tratta di una sentenza molto rigorosa - chiarisce il penalista - emessa dopo una lunga analisi operata dal giudice sul portale e sulle singole fonti di prova». Il giudice, sottolineando come 'indicazione di link «non possa qualificarsi come messa a disposizione diretta di file protetti dal diritto d'autore - ha ritenuto - lecita l'attività del portale. E questo nonostante la presenza di banner pubblicitari». Il giudice Gemma Carlomusto ha chiarito quanto in sé il "file sharing", ossia «la condivisione di file protetti dal diritto d'autore, sia un risparmio di spesa e non una attività con finalità di lucro». In altre parole, al caso di specie non si possano applicare le disposizioni penali sul diritto d'autore e, di conseguenza, le sanzioni amministrative. Per il penalista «Non basta infatti che il sito produca reddito, ma occorre dimostrare che lattività di lucro sia collegata alla singola opera e che ne sia il corrispettivo, perché altrimenti siamo in presenza - appunto - di un risparmio di spesa e non di una attività di messa a disposizione per finalità di lucro».

Per la precisione, il giudice ha accolto il ricorso contro una ordinanza-ingiunzione del 2015 con cui al gestore era stato ingiunto di pagare (a titolo di sanzione amministrativa ex art. 174 bis L. 22 aprile 1941 n. 633) quasi 600mila euro, oltre le spese, per aver violato l'art 171 ter, 2° co lettera a bis della L. 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche.

Nella sentenza

il giudice chiarisce «giova precisare che l'art. 171-ter, 2 comma, lett. a-bis della L. 633/41 presuppone la comunicazione al pubblico a fini di lucro di un'opera protetta dal diritto d'autore, o di parte di essa, attuata mediante la sua diffusione in un sistema di reti telematiche, attraverso connessioni di qualsiasi genere. Con l'espressione "a fini di lucro" deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto», per cui, al fine della commissione dell'illecito in esame, «deve essere raccolta la prova dello specifico intento del file sharer di trarre dalla comunicazione al pubblico, per il tramite della messa in condivisione in rete di opere protette, un guadagno economicamente apprezzabile e non un mero risparmio di spesa». Il fine di lucro costituisce, dunque, il requisito essenziale di punibilità. «Priva di pregio è - infatti, conclude il provvedimento - la giustificazione fornita secondo cui l'assenza di finalità lucrative sarebbe irrilevante, poiché l'art 174 bis è applicabile a tutte le violazioni previste nella sezione e quindi anche in ipotesi di violazione dell'art 171 1° co L 633/1941, atteso che al gestore è stata irrogata la sanzione amministrativa per aver violato l'art. 171 ter, comma 2, lettera a-bis e non altra disposizione normativa».


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