Nota di commento alla sentenza 12872/2017 delle sezioni unite della Suprema Corte

Avv. Francesca Servadei - Con ordinanza 8 novembre numero 49631 del 2016 la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, adiva le Sezioni Unite per risolvere un contrasto giurisprudenziale circa la possibilità per il giudice di appello di applicare ex officio le sanzioni sostitutive delle pene brevi detentive. In particolare il quesito che ha investito le Sezioni Unite è il seguente: "Se il giudice di secondo grado possa applicare le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel caso nel caso in cui nell'atto d'appello non risulti formulata alcuna specifica richiesta con riguardo a tale punto".

Motivi di ricorso

Tre sono stati i motivi di ricorso presentati dal ricorrente: 1) doglianza per la mancata motivazione in ordine all'applicazione dell'articolo 131 bis del codice penale; 2) omessa decisione di riformulare le circostanze e 3) violazione della legge in ordine all'articolo 597 del codice di rito e della legge 689/1981 e proprio quest'ultimo è stato oggetto di studio delle Sezioni Unite. 

Contrasto giurisprudenziale

Primo orientamento. La giurisprudenza è contraria all'applicazione delle sanzioni sostitutive se queste non siano state specificamente indicate nell'atto di appello, ciò trae argomenti di carattere eccezionale dell'articolo 597, comma 5, cod. proc. pen. e dall'autonomia della questione relativa alla sostituzione della pena detentiva, tale da non poter essere compresa nelle doglianze inerenti al trattamento sanzionatorio, in particolare viene richiamata la sentenza della VI Sezione, numero 6257 del gennaio 2016. 

Secondo orientamento. La consolidata giurisprudenza di segno contrario, quindi favorevole, richiama la sentenza

della IV Sezione numero 6526/1995, nonché la numero 6892/1996, e fonda la sua decisione sul rilievo che sarebbe del tutto incoerente precludere al giudice di appello la facoltà di concedere d'ufficio la sostituzione della pena ai sensi dell' articolo 53 della legge 689 del 1981, che consiste sostanzialmente nella scelta di una diversa qualità della sanzione e comporta un beneficio meno consistente della sospensione condizionale della pena, concedibile d'ufficio ex art. 597, comma 5, cod. proc pen. 

La decisione delle Sezioni Unite della Cassazione

Alla luce dei diversi orientamenti il Procuratore Generale ha depositato una memoria sostenendo la tesi favorevole, sulla base dei seguenti punti: 

a) con l'articolo 597 del Codice di Rito il Legislatore concede la possibilità di bilanciare il carattere devolutivo dell'appello con la possibilità di adeguamento della pena al caso concreto; 

b) la Legge 689/1981 dovrebbe operare anche nell'ambito dell'articolo 597 del codice di procedura penale;

c) gli orientamenti positivi andrebbero a confluire nell'ordinamento. 

Le Sezioni Unite in particolare statuiscono che l'articolo 58 della citata Legge non possa assumere principio di portata generale, dato che la medesima norma descrive un potere discrezionale esercitabile nei limiti della legge, cioè, esso è esercitabile di ufficio in ogni stato e grado ma incontra anche un limite nel rispetto dell'ambito della cognizione del giudice di appello segnato dall'effetto devolutivo; inoltre gli Ermellini di Piazza Cavour richiamano la sentenza 8825/2017 con la quale le Sezioni Unite statuiscono che l'elevato tasso di specificità dell'atto di impugnazione richiesto dall'articolo 581 codice di procedura penale impone l'indicazione per punti delle richieste e dei motivi, con la specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto alla base di ogni richiesta. 

Alla luce di quanto espresso, le Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza del 19 gennaio 2017 numero 12872 (qui sotto allegata) hanno enunciato il principio di diritto in virtù del quale il giudice di secondo grado non può applicare le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel caso in cui nell'atto d'appello non risulti formulata alcuna specifica richiesta con riguardo a tale punto, pertanto da ciò si evince che il ricorrente deve specificare in modo chiare le proprie richieste.

Avv. Francesca Servadei

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Cassazione, sentenza n. 12872/2017

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