di Lucia Izzo - Vi sarà istigazione alla corruzione anche tra privati, come fattispecie di reato autonoma. È il risultato dell'entrata in vigore, a partire dal 14 aprile, del d.lgs. 38/2017 (qui sotto allegato) il quale attua la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio dell'Unione europea, ampliando di fatto la portata dell'art. 2635 del codice civile e aggiungendo l'art. 2635-bis.
Il modificato art. 2635 prevede, in primis, la punibilità dei vertici della società e anche di enti privati, ossia amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e i liquidatori, ma anche chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie di tali soggetti.
Il primo comma dell'art. 2365-bis, invece, plasmato sull'esempio dell'art. 322 c.p., comma 2, relativo all'istigazione alla corruzione pubblica è rubricato "Istigazione alla corruzione tra privati". Viene prevista la punibilità di chiunque offre o promette denaro o altra utilità alle stesse categorie di persone indicate dall'art. 2365 che operano in società o enti privati, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà.
La pena è quella della reclusione da 8 mesi a due anni, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, ossia un terzo di quella prevista per il reato regolato dall'articolo 2635 del codice civile. Alla stessa pena, soggiacciono le stesse categorie di persone presso società ed enti pubblici, che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
Il terzo comma precisa che la procedibilità è vincolata alla querela della persona offesa, giustificazione necessaria stante i differenti interessi protetti dalle fattispecie di corruzione privata e pubblica.
La riforma ha lo scopo di avvicinare l'Italia agli standard internazionali, nonostante la portata applicativa dell'intento di ridurre il tasso di corruzione dovrà fare i conti con diverse problematiche pratiche, ad esempio i modelli organizzativi delle imprese, le quali dovranno strutturarsi in modo tale da evitare che le conseguenze del reato commesso da un proprio dirigente ricadano sulla società. Ancora, la presenza del requisito della querela di parte dovrebbe comportare la denuncia al dirigenze da parte dell'azienda stessa, con conseguenze sulla reputazione della stessa società e facili strumentalizzazioni del mezzo.
Anche in simili ipotesi, inoltre, dovrebbero trovare spazio i principi elaborati dalla giurisprudenza quanto all'istigazione alla corruzione pubblica. Ad esempio, in base alla sentenza n. 1935/2016 della Cassazione, ai i fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 322 c.p. è necessario che l'offerta sia caratterizzata da adeguata serietà e sia in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale. La serietà dell'offerta andrà valutata alla stregua delle condizioni dell'offerente nonché delle circostanze di tempo e di luogo in cui l'episodio si colloca.